Lecce il trionfo del Barocco

Lecce il trionfo del Barocco - Schola Palatina
FONTE IMMAGINE: Access Travel (https://www.accesstravel.com)

Lecce, «la Firenze del Barocco»: un felice paragone ad opera dello storico tedesco Ferdinand Gregorovius (1821-1891) definisce il centro principale del Salento come una capitale trionfante e splendida di uno stile che connota l’Europa intera ma che qui, nel tacco dello stivale italiano, assume un volto unico e inimitabile.

Barocco e Lecce: una storia plurimillenaria

Le origini di Lecce si perdono nella notte dei tempi e si legano al fantasioso mondo della mitologia greca, che secoli prima della venuta di Cristo tentò di spiegare le origini del mondo e dell’uomo.

Accantonando leggende e tradizioni si può ben affermare che il sito di Lecce nell’antichità sia stato attraversato da numerose presenze etnico-linguistiche che lentamente si sono stratificate, non prima di aver lasciato un’impronta del loro passaggio. Arcaiche genti autoctone hanno segnato con dolmen, menhir e specchie l’orma delle civiltà preistoriche megalitiche; diversi popoli del mare, provenienti dalla Jonia e dall’altra sponda adriatica, si sono fermati qui; il misterioso popolo dei Messapi ha governato l’area, contrastando le altre città magno-greche prima e i Romani poi, fino alla inesorabile caduta nell’orbita di espansione romana.

E il Cristianesimo? Lecce rientra nella rosa delle più antiche sedi vescovili italiane. Le sue radici affondano nell’esperienza del protomartire Oronzo, che con Giusto e Fortunato viene commemorato il 26 agosto con celebrazioni ancora oggi particolarmente sentite. Con la caduta dell’Impero Romano, Lecce subisce il destino di tante altre città. Durante la guerra greco-gotica viene conquistata da Totila e pochi anni dopo dal medesimo risaccheggiata; decade, per le guerre dei Longobardi di Benevento e per la sua secolare fedeltà all’Impero d’Oriente.

Nei secoli successivi viene rimbalzata di volta in volta da Saraceni, Greci, Longobardi, invasa da Ungari e Slavi. Rimane tuttavia, imperterrita, una città bizantina. E poi vede succedersi i Normanni, gli Svevi, gli Angioini. Nel 1463 viene assoggettata al Regno di Napoli sotto la monarchia di Ferrante d’Aragona: si apre un periodo di prosperità che la fa divenire una delle più ricche e vive città mediterranee, sia dal punto di vista economico (con lo sviluppo dei traffici commerciali coi mercanti fiorentini, veneziani, greci, genovesi, albanesi) che culturale. È nella città spagnola che fiorisce il grande Barocco leccese.

L’intensa promozione con la Controriforma

Tra Cinque e Seicento la città vibrò di un’intensa attività edilizia: una successione infinita di cantieri, perennemente in emulazione gli uni degli altri, diede vita all’immagine che eterna il volto di Lecce. Storicamente, questa vivacità architettonica e artistica si lega al fenomeno culturale e religioso della Controriforma: l’arte diventa uno strumento di celebrazione della gloria di Dio e della Chiesa. Personaggio chiave di questo sviluppo è il vescovo Luigi Pappacoda, che insieme ai suoi successori promuove questo grandioso rinnovamento.

Le chiese di San Giovanni Battista detta del Rosario, di Sant’Anna, di Sant’Irene, di Santa Teresa, delle Alcantarine, di Sant’ Angelo,..sono alcuni dei nomi di queste grandi testimonianze architettoniche. Tra le quali, forse, la capofila è la Basilica di Santa Croce.

Le vie del nucleo urbano si snodano sottili e tortuose, convergendo verso uno dei punti focali, la Piazza Sant’Oronzo. Un luogo tanto particolare da risultare quasi estraniante, con un mix inusuale di resti antichi, edifici cinque-seicenteschi e palazzi moderni. Tutta una storia racchiusa nei metri quadrati di una piazza. La settecentesca statua del Santo Vescovo, colto in atto di benedire la città, si erge maestosa al di sopra di una colonna romana. Domina sui resti dell’anfiteatro romano, veglia sulla sobria chiesetta di San Marco e sul cosiddetto Sedile (Palazzo del Seggio) una costruzione di fine Cinquecento rimasta sede del governo locale fino al 1851: mescola in modo assai inconsueto stilemi gotici e rinascimentali.

Il cuore cristiano e Barocco di Lecce

Uscendo da piazza Sant’Oronzo ed imboccando via Vittorio Emanuele II, sorprendentemente, sulla sinistra, si apre una delle piazze più affascinanti del nostro Paese. Lo scenario è quello di un luminoso cortile: gli edifici intorno abbracciano in toto lo spazio aperto. E l’accesso alla chiesa è unico: bisogna attraversare infatti i settecenteschi Propilei, costruiti dall’architetto Emanuele Manieri insieme a due palazzi gemelli ai lati a fungere da maestose quinte allo spettacolo artistico, che si dispiega davanti agli occhi del visitatore.

A sinistra, il campanile di 50 metri; al centro, la Cattedrale con due caratteristici prospetti, uno – quello laterale – rivolto verso l’ingresso della piazza, l’altro – quella principale – che guarda gli altri due edifici, l’Episcopio un poco arretrato ed il Seminario sulla destra.

Risalente agli anni 1659-1670, la Cattedrale che noi vediamo oggi è stata pressoché ricostruita sull’area di precedenti edifici sacri, tardo antichi e medievali, da Giuseppe Zimbalo detto lo Zingarello per volere del vescovo Pappacoda.

Il visitatore ammirerà stupito e affascinato i due prospetti, e noterà un paradosso: quello principale è meno appariscente, è più sobrio dal punto di vista decorativo, quello laterale invece trabocca di elementi che arricchiscono, evidenziandolo, il portale: paraste, nicchie, statue, volute, forme e linee sinuose animano letteralmente la superficie della pietra. La pianta è a croce latina, l’interno ha tre navate e 12 altari minori che accompagnano l’altare maggiore. Una cripta medievale si conserva sotto i rifacimenti barocchi, mentre l’interno celebra la gloria divina con valenti opere pittoriche.

Lo splendore del Barocco di Lecce attende solo di essere ammirato, quale segno di un’epoca di grande e gloriosa celebrazione di Dio e della Cristianità. Più di quaranta chiese, nel centro storico, ne sono la solida e lapidea testimonianza. Camminare, perdendosi, lungo quei vicoli, incrociando corti, cortili e piazzette e percepire i ricami della pietra su quelle chiese, su quelle facciate color polvere consente di cogliere quel sottile senso mistico, che intreccia i fili dell’esperienza umana e di quella di fede… per poi tornare sulle proprie, di strade, intimamente più ricchi.

FONTE: Radici Cristiane n. 99

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