Agostino Tassi, un pittore all’alba del paesaggismo

Agostino Tassi, un pittore all’alba del paesaggismo - Schola Palatina

Agostino Tassi (1578-1644) è considerato un pittore “minore” dell’ambiente romano di inizio XVII secolo. La mostra antologica che gli è stata dedicata durante i mesi estivi di quest’anno è stata allestita nel raffinato appartamento Barbo in Palazzo Venezia a Roma.

Forse è vero che il suo nome non è tra i più noti, ma agli appassionati d’arte non può sfuggire la conoscenza di un maestro del paesaggismo, vissuto a Roma in uno dei momenti più rilevanti per la storia della pittura. I quadri presenti in mostra sono soltanto una piccola parte dell’opera di Tassi che lavorò molto come quadraturista e decoratore in alcuni dei più prestigiosi palazzi romani, creando alcune delle più belle architetture dipinte e dei più bei paesaggi naturali che siano mai stati affrescati.

La nascita del paesaggismo

Proprio all’inizio del Seicento le forme dell’arte subiscono un forte mutamento: è evidente l’abbandono delle soluzioni manieristiche, con le loro ridondanti fantasie e astrazioni intellettualistiche, in conseguenza di un maggiore interesse per la storia e per la natura. La Riforma Cattolica aveva posto l’accento sull’importanza di un’arte fatta per tutti e comprensibile a tutti, così che il messaggio di salvezza fosse aperto e chiaro ad ogni rappresentante della comunità, dal più colto all’analfabeta.

La cultura artistica del tempo si esprimeva in molteplici tendenze e andava incontro a gusti diversi. Queste tendenze non erano in opposizione tra loro, bensì erano tutte espressioni della stessa interpretazione della realtà, che si basava sul racconto della storia dell’uomo e di Dio, sull’importanza dell’immaginazione, nutrita di “effetti speciali” per meravigliare e stupire lo spettatore, e sull’imitazione della natura.

Secondo l’esperto d’arte Filippo Baldinucci (1624-1697), rispetto alla «bella maniera di far paesi» del secolo precedente, la maniera di imitare la natura dei pittori del Seicento italiani era «perfetta» perché i pittori sapevano riprodurre al meglio «le varie apparenze di colorito che fanno i paesi e vedute naturali (…)». Comincia qui l’evoluzione del paesaggismo come genere indipendente, svincolato dal ruolo di contorno e abbellimento che aveva sempre rivestito nei secoli precedenti.

Dunque i “generi” minori si diffondevano e gli artisti diventavano sempre più specialisti per soddisfare i gusti un pubblico culturalmente stratificato. La realtà veniva raccontata attraverso il ritratto, il paesaggio, la natura morta, le scene di costume; tutti questi generi, considerati minori rispetto alla più alta pittura di storia, si andavano definendo sempre più e raffinavano la propria gamma di elementi.

L’arte di Agostino Tassi

In quest’ottica va conosciuta l’opera di Agostino Tassi, pittore specialista in paesaggi, marine, vedute cittadine, capricci architettonici e scorci prospettici. Egli fu un uomo di indole violenta e la sua biografia è caratterizzata da scandali e vicende giudiziarie, tuttavia l’importanza della sua arte è indiscutibile sia per le opere che ci ha lasciato, sia per il fondamentale ruolo di mediazione con la cultura nordica e francese del tempo.

Agostino nacque nella provincia romana e passò parte della sua giovinezza tra Firenze e Livorno (suo primo esilio fino al 1610) dove si appassionò ai soggetti marinareschi, e dove iniziò la sua attività pittorica contribuendo al rinnovamento della città intrapreso dalla famiglia dei Medici. Egli affrescò le facciate dei palazzi con iconografie marine e scene ispirate alle battaglie dei cavalieri di Santo Stefano contro i turchi. In questo periodo entrò anche in contatto con il mondo del teatro realizzando alcune scenografie e architetture effimere.

A Roma conobbe i paesaggisti nordici che soggiornavano in città; fu discepolo di Paul Brill e subì l’influenza di Matthijs Brill e di Filippo Napoletano, di cui accolse pienamente la poetica naturalistica aggiungendovi però una vena fantastica e suggestiva. Una delle prime opere note del pittore è una veduta del Campidoglio, soggetto che continuerà ad affascinare Tassi per molto tempo e ad essere inserito in numerosi capricci e fantasie architettoniche.

Presto il giovane fu notato e richiesto per le commissioni più importanti: nel 1611 affrescò per Scipione Borghese il Casino delle Muse (oggi Pallavicini-Rospigliosi) insieme a Orazio Gentileschi, e negli stessi anni lavorò alla decorazione della vecchia Sala Regia del Palazzo del Quirinale. Dopo essere stato imputato nel processo intentato dallo stesso Gentileschi in difesa della figlia Artemisia, Tassi fu allontanato dalla capitale fino al 1615, per poi tornare e riprendere i lavori al Quirinale in collaborazione con i pittori Giovanni Lanfranco e Carlo Saraceni.

Il dipinto Arsenale con la costruzione di un galeone (1619-1620), tela di qualche anno successiva al fregio della Sala Regia, evidenzia i contatti di Tassi con i pittori tedeschi Adam Elsheimer e Goffredo Wals; gli elementi che maggiormente legano questi artisti del paesaggio sono gli effetti luministici, l’atmosfera scura e le vivaci figurette che animano le scene. Le luci fredde e taglienti sono proprie delle opere di Tassi di questo periodo, mentre successivamente egli addolcirà i colori sfumando delicatamente i toni.

Alcuni motivi presenti in questo dipinto ritorneranno spesso in opere più tarde: la torre ricoperta di vegetazione si ritrova nel Salone da Ballo di palazzo Lancellotti decorato nel 1625, e l’uomo chino sul pesce pescato è presente sia in un’altra stanza affrescata di palazzo Lancellotti sia nelle lunette Chigi-Odescalchi realizzate all’inizio degli anni Venti.

Le vedute e le architetture di fantasia

Il biografo e pittore Giovanni Battista Passeri (1610-1679) asserisce che Agostino Tassi fu il primo a dipingere «vascelli, navi, galere, borasche, pescaggioni e simili accidenti di mare». Nel 1619 l’abitazione del pittore era piena di dipinti di capricci architettonici, vedute e vascelli di varie dimensioni.

Questi soggetti, con la stessa facilità con cui appaiono sulle tele, sono al centro dei grandi e suggestivi affreschi realizzati con il Guercino nei palazzi romani Lancellotti e Costaguti e nel Casino dell’Aurora Pallavicini Rospigliosi: qui le mirabolanti architetture dipinte illudono la vista e creano spazi fittizi di paesi e vedute di mare e di città, fino a negare del tutto l’esistenza delle pareti e della stanza. Lo sguardo è dunque ingannato e lascia il posto all’immaginazione.

Dopo aver lavorato anche per i Barberini e gli Aldobrandini nel 1635, Tassi decorò insieme a Francesco Lauri e Angelo Caroselli la stanza di Mosè in palazzo Pamphili a Piazza Navona. In questo fregio è ormai evidente l’influenza della corrente pittorica neoveneta e il contatto con l’arte del grande francese Nicolas Poussin, cui si ispirano particolarmente i quadri di storia e quelli con soggetti evangelici, mentre i numerosi sbarchi di regine presenti nel repertorio di Agostino sono da ricondurre al bagaglio iconografico dei pittori nordici. Egli fu infine maestro del giovane Claude Lorrain al quale trasmise i tenui colori delle albe rosate e i riflessi sulle acque di porti fantastici.

Agostino Tassi ebbe un ruolo fondamentale nell’evoluzione dell’arte del paesaggio e della veduta; i suoi colori suggestivi, i capricci architettonici, i suoi scorci urbani sono i modelli principali delle decorazioni nei palazzi e nelle ville romane fino al secolo successivo con l’avvento di Giovanni Paolo Pannini, maestro della veduta di soggetto romano.

FONTE: Radici Cristiane n.38

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