Il Settecento a Roma

Il Settecento a Roma - Schola Palatina

«Posso dire che solo a Roma ho sentito cosa significhi essere un uomo. Non sono mai più ritornato a uno stato d’animo così elevato, né a una tale felicità».

Così Goethe espresse, al suo ritorno in patria nel 1788, i sentimenti che la città eterna ispirava ai visitatori che per tutto il XVIII secolo e da ogni parte d’Europa vi affluirono. Poeti, artisti, letterati, commercianti, nobili, uomini di mondo, animi raffinati e sensibili o meno, tutti rimanevano affascinati da Roma. Attualmente una mostra a Palazzo Venezia ricostruisce, attraverso alcuni ben meditati esempi, l’atmosfera suggestiva che rese Roma, nel corso del Settecento, la meta prediletta dei viaggiatori e il luogo eletto della cultura e della modernità.

L’esposizione, a cura di Angela Negro e Anna Lo Bianco, vanta la presenza di circa 250 pezzi, comprensivi di opere pittoriche, scultoree, progetti architettonici, libretti teatrali, disegni, incisioni, oggetti d’arredamento, mobili, abiti d’epoca, strumenti musicali.

Attraversare le sale di Palazzo Venezia così arricchite è una sorta di viaggio in un’altra epoca; la suggestione è resa più completa dalla disposizione delle opere secondo le tematiche principali del secolo, e non secondo didascaliche raccolte per autore, per stile, o per genere. Perché visitare una mostra deve essere un’esperienza vivificante, appassionante e non meramente nozionistica.

Per gli approfondimenti scientifici c’è, in questo caso, un catalogo organizzato schematicamente che permette una facile consultazione grazie anche al supporto di ottimi apparati. L’esposizione nelle sale di Palazzo Venezia è articolata in dodici sezioni, che rientrano in due grandi periodizzazioni storiche: “Roma città moderna: il primato delle arti e delle idee 1700-1758” e “Roma cosmopolita crocevia d’Europa: l’antico come modello internazionale 1758-1800”.

La prima sala presenta una raccolta di ritratti dei personaggi di spicco dell’epoca, i protagonisti del mondo che si sta per svelare davanti agli occhi del visitatore. Di seguito una serie ricchissima di vedute e disegni d’architetture costituiscono la raffinata scenografia delle vicende che la mostra si accinge a raccontare.

Roma antica e Roma moderna

Il secolo si apre con il pontificato di Clemente XI Albani (1700-1721), uomo colto che amò circondarsi di personaggi di spicco e d’ingegno, mirando con convinzione a dare a Roma quel lustro e quel risalto che la rendessero degna d’essere la “capitale d’Europa”.

È affascinante in questo senso il rispecchiamento delle espressioni di Roma antica nelle nuove imprese architettoniche promosse nei primi anni Trenta del secolo: il porto di Ripetta (1703-1705) su progetto di Alessandro Specchi, la fontana di Trevi (iniziata nel 1733), opera di Nicola Salvi, la piazza progettata da Filippo Raguzzini negli anni Venti, a fronte della chiesa gesuitica di Sant’Ignazio, la scalinata di piazza di Spagna (terminata nel 1726) progettata da Francesco De Sanctis.

Visioni di Roma antica, con i suoi esempi di perenne classicità, si alternano alle espressioni di Roma moderna. I due magnifici quadri di Pannini Gallerie immaginarie di vedute di Roma antica e di Roma moderna (1757, provenienti dal Metropolitan Museum di New York) sono il sommo esempio di tale confronto.

In una sorta di vera e propria catalogazione scientifica si riconoscono, all’interno delle due composizioni pittoriche, i monumenti classici e moderni nelle innumerevoli tele accatastate e le più esemplari sculture.

I dipinti furono commissionati al pittore da Étienne-François de Choiseul-Stainville, ambasciatore di Francia a Roma in quegli anni. Il ricordo della permanenza nella città sarebbe rimasto vivo grazie a una vastissima raccolta di immagini, invece che dalla rappresentazione di una sola veduta. Le due tele di Pannini riuniscono in parallelo i molteplici aspetti dell’arte romana e li offrono con facilità a chi guarda, secondo una determinata disposizione, suggerendo confronti e accostamenti. È in nuce il concetto della raccolta museale.

Fin dall’inizio del secolo è forte la passione per la ricerca e la raccolta antiquaria condotta da colti esponenti della società, della stessa cerchia papale (ad esempio Alessandro Albani, nipote di Clemente XI), ma anche da dilettanti dediti al commercio di pezzi d’arte. Ghezzi dipinge nel 1728 Diogene e Alessandro, denso di citazioni archeologiche, a testimonianza dell’enorme interesse che l’argomento suscitava.

Vennero fondate istituzioni atte a valorizzare lo studio e la tutela dell’antichità. La Galleria Vaticana viene arricchita di documenti e opere grazie all’interessamento congiunto di Papa Albani e dell’archeologo Francesco Bianchini. Nel 1734, sotto il pontificato di Clemente XII Corsini (1730-1740), fu creato il Museo Archeologico Capitolino, che si arricchì presto di elementi provenienti dalle collezioni del cardinal Furietti e di Alessandro Albani (ad esempio la soave Fanciulla con colomba del I sec. d.C., presente in mostra). Il Museo continuerà ad arricchirsi grazie anche alla promozione di scavi durante il pontificato di Benedetto XIV Lambertini (1740-158) e all’acquisto dei quadri nel 1748-’49 che formeranno il nucleo principale della Pinacoteca Capitolina. Nell’ultimo trentennio del secolo nacque il Museo Pio-Clementino in Vaticano.

L’Arcadia e l’Accademia di San Luca

La svolta culturale ed estetica che all’inizio del XVIII secolo prende le distanze dalle cariche espressioni artistiche tardobarocche, pur indicando un’alternativa più vibrata rispetto all’accademismo classicista di fine Seicento, è rappresentata in mostra dall’enorme tela di Carlo Maratti con Apollo e la Fama che incoronano Niccolò Maria Pallavicini, uno dei più ricchi banchieri dell’Urbe, uomo di profonda cultura e mecenate di molti artisti (tra cui Maratti, appunto). Il dipinto introduce a tutta la mostra: propone un paesaggio arcadico, ideale, promuove la cura delle arti e il mecenatismo, vi sono esaltate la Virtù, la Gloria presso i posteri. Si attribuisce alle arti un ruolo educativo.

L’Accademia di San Luca, con i suoi concorsi istituiti nel 1701 per pittori, scultori e architetti, e la nota accademia letteraria dell’Arcadia (sorta nel 1690) sono alla testa di un rinnovamento culturale all’insegna del buon gusto e della ragionevolezza, contro ogni forma di eccesso e di forzatura. Il naturale equilibrio è il fondamento dell’espressione artistica.

Da questa visione scaturirono tuttavia molte forme e tendenze non contrapposte, ma ispirate a specifici aspetti semmai complementari. Giuseppe Chiari, allievo di Maratti, Benedetto Luti, lirico e dal soffuso luminismo, Sebastiano Conca che sulla propria esperienza napoletana (Solimena) inserisce le regole arcadiche, Francesco Trevisani, che si distingue per l’impianto teatrale e sentimentale delle sue composizioni.

Inoltre l’ambiente romano era molto influenzato dalla presenza dei pittori francesi gravitanti intorno all’orbita dell’Accademia di Francia. Così il gusto ricercato e prezioso proveniente da Parigi si mescolava, in uno scambio reciproco, alle eterne forme dell’antichità romana.

Sacro e profano

La raffigurazione della natura viene intesa come esemplare cornice delle azioni umane colte nella loro moralità e dignità. Un profondo interesse per i fatti politici, di cronaca, per i temi sociali, unitamente alla ricerca di un linguaggio maggiormente veristico muteranno profondamente non solo la pittura di storia, ma anche quella religiosa.

Splendida la tela di Pierre Subleyras (San Camillo de Lellis mette in salvo gli ammalati dell’ospedale Santo Spirito durante l’inondazione del Tevere del 1598, 1746) che evidenzia la situazione dei ceti più poveri della città. Il realismo dell’evento e la verità delle emozioni sulla tela si uniscono meravigliosamente alle proporzioni classiche dei corpi e della composizione intera.

Marco Benefial dipinge nel 1732 Margherita da Cortona ritrova il cadavere dell’amante, coniugando con maestria l’equilibrio compositivo, la teatralità della figura della santa (canonizzata il 16 maggio 1728), lo studio analitico del corpo del cadavere e un soffuso tono lunare che rimanda alle atmosfere di Guercino.

Il teatro e la mondanità sono un altro aspetto fondamentale della Roma settecentesca. Feste, balli e musica sono continuamente celebrati nei teatri della Pace, Capranica e, dopo il 1732, Argentina. Un grandioso dipinto di Pannini del 1747 raffigura la Festa al teatro Argentina per le nozze del delfino di Francia, con una varietà di colori e figurette che brulicano per tutta l’ampiezza della tela. Il desiderio di svago della società romana fa sì che siano ben accolte le personalità di grandi compositori quali Alessandro e Domenico Scarlatti, Händell e Corelli.

Una città cosmopolita

Il costante sopraggiungere in città di stranieri e il moltiplicarsi dei contatti commerciali con l’Oriente favorì il nascere di un clima cosmopolita. Le decorazioni di foggia orientale divennero di gran moda, così come il collezionismo di oggetti d’arredo esotici. È l’epoca del Grand Tour.

Soprattutto nella seconda metà del secolo, a partire dal pontificato di Clemente XIII Rezzonico (1758-1769) il viaggio di svago e di studio a Roma era d’obbligo. Moltissime personalità si trovano riunite nello scenario romano dell’eterna classicità, arricchito da innumerevoli spunti culturali.

Pompeo Batoni dipinge i meravigliosi ritratti dei viaggiatori illustri che volevano immortalare l’esperienza del soggiorno nell’Urbe. La presenza del colto pittore Anton Raphael Mengs e del teorico Johann Joachim Winckelmann, all’epoca commissario delle antichità, rafforza l’amore diffuso per le radici romane classiche, e per le rappresentazioni eroiche e virtuose. Piacciono i soggetti omerici e romani.

Negli anni Settanta giunsero a Roma il francese Jacques-Louis David, promotore di una pittura estremamente equilibrata, composta, classica, e lo svizzero Fǖssli, che con le sue realizzazioni visionarie e oniriche ispirate alla letteratura di Dante, Milton e Shakespeare anticipa le tematiche legate all’inconscio di fine secolo. Nella città eterna sono presenti, dunque, i poli opposti delle varie tendenze culturali. La cultura cosmopolita che ormai la contraddistingue, la elegge di diritto capitale d’Europa.

FONTE: Radici Cristiane n. 11

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