Il Foro Romano

Nel 1841 Ippolito Caffi dipinge il Foro romano così come si presentava al suo tempo dal Campidoglio: sulla sinistra, le tre colonne del tempio dei Flavi e l’arco di Settimio Severo, dietro il quale emerge il tetto dell’antica sede del Senato, la Curia, all’epoca chiesa di S. Adriano, con il suo campanile a vela.
In primo piano al centro dominano invece le colonne ioniche del tempio di Saturno e in lontananza le tre colonne del tempio dei Dioscuri, l’arco di Tito e il fronte della chiesa di S. Francesca Romana. Chiude lo sfondo la sagoma del Colosseo. Una veduta topograficamente esatta, quindi, che vuole porsi in concorrenza anticipata con quella neonata tecnica fotografica, che suscitò subito l’interesse del Caffi.
Ma, rispetto a questa, egli vuole rivendicare il filtro poetico e visivo dell’artista, che si manifesta nel sapiente utilizzo dei due colori adottati, ocra e azzurro, giocati su contrasti di luce e ombra netti e taglienti: un omaggio alla grande tradizione vedutistica veneziana, di cui Ippolito Caffi è tra gli ultimi esponenti. Ma l’artista vuole anche equilibrare la solennità iconica delle antiche vestigia con la pari dignità dei monumenti cristiani ad esse affiancate o sovrapposte e animare il paesaggio storico con piccole figure umane, che spiccano per i colori caldi e brillanti.
Non sono definite nei dettagli, queste, ma da macchie piene di colore usate in senso bidimensionale, appena sufficienti per farne riconoscere i contorni. È quanto basta all’artista per colpire l’occhio dello spettatore e provocarne la giusta reazione emotiva: è l’uomo che, con il suo cuore e la sua memoria, mantiene vivo nel tempo il senso e il valore della storia.
FONTE: Radici Cristiane n.110