I vizi capitali nel pensiero di S. Tommaso d’Aquino

di Umberto Galeazzi

Dettagli del corso

Il tema dei vizi presuppone i temi dei due corsi precedenti sulla libertà e sull’ordine morale, che comunque saranno richiamati almeno in alcuni momenti essenziali, specialmente per i nuovi fruitori di queste lezioni. Questo intrinseco legame tra i tre corsi emerge anche da alcune nozioni prime della ricerca etica tommasiana che qui tematizziamo: il peccato è un atto umano, il cui disordine consiste nell’allontanarsi e non attenersi all’ordine della ragione e della legge divina (cfr. ST, I-II, q. 72, a. 8); la virtù è una buona disposizione, un abito morale, che è principio degli atti buoni, in quanto inclina, come una seconda natura, il soggetto a compierli rendendoli piacevoli; il vizio è un abito morale disordinato, che inclina a compiere atti peccaminosi.

L’indagine sui vizi capitali è la seconda parte delle Questioni disputate sul male, opera che rappresenta uno dei momenti più alti del genio speculativo dell’Aquinate, frutto del suo insegnamento all’Università di Parigi, una delle più prestigiose del suo tempo.

Il filosofo, dopo aver considerato l’enigma del male, opposto al bene, tematizza il male morale, di cui gli uomini si rendono responsabili, cioè le colpe, i vizi e principalmente i vizi capitali, così chiamati perché per perseguire i loro obiettivi spesso causano altri peccati e altri vizi. Tommaso, tenendo conto dell’esperienza concreta degli uomini e delle donne, procede seguendo i percorsi insonni e inquieti del desiderio, gli erramenti dietro l’attrattiva di idoli propagandati e sognati come affascinanti, ma che si rivelano tanto esigenti e tirannici quanto deludenti, una volta conseguiti. Si pensi all’apologia della trasgressione che, tranne rare eccezioni, non può mancare nei prodotti dell’attuale industria culturale. Onde, capire Tommaso implica rendersi conto che mette in questione alcuni dogmi di una certa mentalità laicista: per es. considerare l’ordine etico come repressivo. Ma alla sfida di Nietzsche contro l’ordine etico si può rispondere facendo vedere che esso è, invece, liberante, in quanto mira alla piena realizzazione della vita delle persone, è la via per la felicità.

Constatiamo, dice Tommaso, che tutti gli uomini tendono alla felicità. Ciò si verifica anche in chi segue i vizi; infatti l’oggetto di un vizio è desiderabile soprattutto in quanto ha una sorta di somiglianza con la felicità che tutti naturalmente desiderano. L’analisi tommasiana, da considerare con attenzione, fa vedere che nei peccati e nei vizi ciò che muove a certi comportamenti è l’affezione – che conduce a una deliberazione della volontà – del soggetto a un bene parziale, limitato, che egli considera, errando, come supremo e appagante, “per sé sufficiente”, e che conduce a misconoscere e avversare altri beni contro l’ordine della giustizia e della ragione. Ma nel vizioso questa tensione va incontro alla delusione.

Tommaso approfondisce un’acuta osservazione di Aristotele: se nei beni e nei piaceri limitati, secondo molteplici aspetti, il desiderio non è appagato, vuol dire che in essi l’uomo cerca qualcosa d’altro. L’insaziabilità deriva dalla disequazione tra l’apertura infinita del desiderio e ciò che si ricerca per soddisfarlo. L’uomo desidera che sia appagato ogni suo desiderio con un bene tale che soddisfi questa aspirazione e con la certezza di non doverlo mai perdere. Dunque il desiderio umano è desiderio del bene infinito, onde non è appagato da nessun bene limitato. L’agire vizioso è manchevole perché si pone come ostacolo e opposizione rispetto alla direzione che conduce al vero fine ultimo – momento decisivo della ragion pratica –  che è il bene infinito. Alla luce della metafisica della creazione Tommaso considera l’etica come ordo amoris, ordine dell’amore. Infatti, dato che tutti i moti della volontà e del desiderio suppongono l’amore come prima radice, è di importanza decisiva che l’amore sia ordinato, perché può essere rivolto principalmente a dei beni limitati, che sono beni solo per un certo aspetto, invece che al bene totale e sotto tutti gli aspetti, cioè al sommo bene, che è Dio. Da questo amore per il sommo bene dipende la morale, perché “ogni affezione della virtù deriva da qualche amore ordinato e similmente ogni affezione del peccato deriva da qualche amore disordinato” (Questioni disputate sul male q. 11, a.1, ad 1).

Ma perché è obbligante per l’uomo questo ordine e la legge morale che lo esprime?

Perché il Creatore ama l’uomo e quindi lo ha ordinato costitutivamente al sommo bene. Perciò la negatività del male morale (peccati e vizi) consiste principalmente, dice Tommaso, nell’aversio, cioè nell’allontanarsi, nel voltare le spalle a Dio, nel rifiuto dell’amore generoso e benefico del Creatore. Ma rifiutare il Sommo Bene significa precludersi la possibilità di conseguire la felicità. Così si comprende perché la superbia è il primo e principale dei vizi, in quanto è in un certo senso la radice di tutti gli altri vizi. Nella superbia l’uomo, infatuato dalla propria pretesa superiorità, si ribella all’ordine voluto da Dio e quindi alla sua dipendenza creaturale, che è la verità prima del suo essere. Dunque, come si potrà discutere e valutare durante il corso, la legge morale non è eteronoma, perché è inscritta nella natura umana, ma non è nemmeno autonoma, come sostiene Kant, perché la pretesa da parte dell’uomo di darsi da sé la legge non tiene conto della propria condizione di creatura finita. Ora, Colui che dona l’essere alla creatura le dona anche la legge dell’agire. L’uomo con la sua libertà può aderire o non aderire a questa legge, ma non ha il potere di cambiarla secondo il proprio capriccio o arbitrio. Da ciò il carattere autodistruttivo della trasgressione.

Nella ricerca tommasiana emerge la grave negatività dei vizi, tuttavia è da sottolineare che l’uomo non è irreversibilmente prigioniero del male morale, non è impossibile per lui un cambiamento decisivo, perché non è totalmente corrotto dal male, che pure ha ferito e ferisce la sua natura: “l’uomo con la sua ragione naturale giudica il bene della virtù e lo ama e ne gode, anche se non ha la virtù” (Questioni disputate sul male, q. 15, a. 2, ad 5). Dunque, anche nella ricerca sul male morale, sul disordine disumanizzante in cui l’uomo cade, Tommaso ribadisce che non è spenta in lui la capacità – magari in alcuni momenti di lucidità – di riconoscere, amare e godere del bene che si manifesta nell’agire virtuoso. Sulla base di questa capacità naturale e con l’aiuto della grazia divina è possibile una conversione radicale: dal vizio alla vita buona, all’agire virtuoso. Qui è in gioco il pieno esercizio della libertà, testimoniato da tante persone lungo la storia.   

Struttura del corso

Il corso è articolato in 8 lezioni di 1 ora e 30 minuti ciascuna, di cui un’ora dedicata alla formazione più la discussione.

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Docente

Prof. Umberto Galeazzi

Umberto Galeazzi è stato borsista e assistente all’Università Cattolica di Milano, dove si è laureato in Filosofia. È stato: Assistente ordinario di Filosofia teoretica nell’Università di Macerata e inoltre Professore incaricato, poi associato e quindi Professore ordinario di Storia della filosofia nell’Università di Chieti-Pescara. È stato Professore invitato di Filosofia morale nella Facoltà di Filosofia della Pontificia Università Urbaniana di Roma. È Accademico ordinario della Pontificia Accademia di S. Tommaso d’Aquino

Tra i suoi libri: Ermeneutica e storia in Vico, Japadre, L’Aquila-Roma 1993; La teoria critica della Scuola di Francoforte, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 2000; Identità umana e libertà, Milella, Lecce 2002; Tommaso d’Aquino nel pensiero contemporaneo, Aracne, Roma 2006; Il coraggio della ragione. Tommaso d’Aquino e l’odierno dibattito filosofico, Armando Ed., Roma 2012; Pervertimento dell’etica. La via di Tommaso d’Aquino e la malattia mortale nel mondo di oggi, Chorabooks Hong Kong 2019. Per la BUR, Milano ha curato (con Saggio introduttivo, traduzione, note e apparati) i libri: TOMMASO D’AQUINO, Il male e la libertà (questioni I, II, III, VI , dalle Questioni disputate sul male), con testo latino a fronte 2020,Vª edizione; TOMMASO D’AQUINO, I vizi capitali, con testo latino a fronte, VIIª ed. 2020. Per la Bompiani ha curato, con testo latino a fronte, saggio introduttivo, traduzione, note e apparati, i libri: TOMMASO D’AQUINO, La felicità (Summa theol., I-II, qq. I-V), Milano 2010 e TOMMASO D’AQUINO, Le passioni e l’amore (dalla Summa theol., I-II, qq. 22-28), Milano 2015².

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