Il beato Carlo I, esempio di come tutti siamo chiamati alla santità

Carlo I - Schola Palatina

«Non si tratta di una coinciednza, ma di un segno»: ne è convinto S.A.I.R. l’arciduca Martino d’Austria-Este, che non ne ha fatto mistero lo scorso 15 maggio a Bergamo, quando ha consegnato al Monastero “San Benedetto” una reliquia ex ossibus di prima classe di suo nonno, il Beato Carlo I d’Asburgo, Imperatore e Re Apostolico. Qual è il segno?

Il fatto che poche ore prima della consegna era giunta la notizia della morte di suo zio, l’Arciduca Rodolfo, sestogenito del Beato. Lasciava la moglie, la Principessa Anna Gabriele von Wrede, e i figli: da sempre egli fu un convinto sostenitore della “Kaiser Karl Gebetsliga filaden Viilkerfrieden”, la “Pia Unione di Preghiera Imperatore Carlo per la pace tra i popoli”. Non solo: fu anche uno dei più fervidi promotori della sua Causa di Beatificazione.

Poco tempo prima l’arci-duca Martino aveva dato allo zio notizia della consegna della reliquia in terra bergamasca: “Ne era felicissimo”, ha ricordato. E proprio il giorno della cerimonia, l’arciduca Rodolfo è tornato alla Casa del Padre: “Non è – ripete – una semplice coincidenza. Il significato di quanto è accaduto è molto forte e commovente”.

La cerimonia della consegna in mattinata il nipote del beato Carlo è stato ricevuto in forma ufficiale e con fascia tricolore dal sindaco di Bergamo, Franco Tentorio, che gli ha mostrato il diploma con bolla a secco, con cui l’Imperatore d’Austria l’11 ottobre del 1817 concesse lo stemma civico alla città, assegnandole anche il titolo di Città Regia.

In occasione della cerimonia, tenutasi durante la S. Messa nella Vigilia dell’Ascensione, il monastero delle Suore Benedettine era gremito. Non si aspettavano tanti fedeli, di ogni ceto e lignaggio: nobili, l’Ordine di Malta, guidato da fra’ Annibale Pacchioni, l’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro, l’Ordine Costantiniano di San Giorgio e altri; il delegato della Gebetsliga di Lombardia, mons. Arnaldo Morandi; diversi assessori del Comune di Bergamo; gente comune e semplici curiosi.

Erano presenti anche due esponenti dell’antica Confraternita bergamasca del Santissimo Sacramento, fondata circa trecento anni fa: ciò, a sottolineare la devozione eucaristica, che ha sempre caratterizzato il beato Carlo e l’intero Casato degli Asburgo. A celebrare la funzione liturgica, accompagnata dall’ensemble “Cadenza Pikkarda”, è stato l’arcivescovo emerito di Siena, mons. Gaetano Bonicelli, che, nel corso dell’omelia, ha ricordato la «vita spirituale esemplare» del Beato Carlo I, proponendolo quale modello anche per il mondo d’oggi.

La consegna ufficiale della reliquia dalle mani dell’arciduca Martino con lettura della pergamena e firma è avvenuta alla presenza di testimoni quali la principessa Maria Luisa Gonzaga di Vescovato, il conte Alessio Agliardi e il conte Giovanni Medolago Albani. «Sua Altezza Imperiale e Reale l’Arciduca Martino d’Austria-Este, udita l’autorità ecclesiastica competente, udito il postulatore della causa, avv. Andrea Ambrosi — si legge sulla pergamena — graziosissimamente concede e dona una santa reliquia “Ex-Ossibus” di prima classe del Beato Carlo d’Austria, Imperatore e Re Apostolico, al Monastero San Benedetto in Bergamo.

La Santa Reliquia, accompagnata da documento di autenticità, viene consegnata alla Reverenda Madre Maria Tarcisia Pezzoli, Abbadessa del Monastero, per essere esposta alla venerazione dei fedeli e dei devoti, nella chiesa conventuale con un’immagine, che rappresenti il Beato nelle sue vere sembianze, da porre in luogo idoneo, come richiesto dalle norme liturgiche della S. Chiesa. Dato in Bergamo presso la chiesa di Santa Maria Assunta e di San Benedetto il 15 maggio dell’anno della nostra Redenzione 2010».

Sul documento sono stati rappresentati gli stem-mi del Sommo Pontefice, Benedetto XVI, del ve-scovo di Bergamo, della Casa d’Asburgo e del Mo-nastero.

Carlo I: un santo dei nostri giorni

L’evento è segno della Storia, che si ripete. C’è un “legame spirituale” – come ha ricordato l’Abbadessa, Tarcisia Pezzoli osb – infatti che unisce il Casato austriaco al Monastero, riaperto da Francesco I nel 1827 dopo la soppressione napoleonica. E ora, 183 anni dopo, un discendente degli Asburgo ha di nuovo varcato lo stesso ingresso con la reliquia del nonno, il beato Carlo I, che è davvero «un santo dei nostri giorni, una personalità ed una spiritualità che ci aiuta a cogliere i segni dei tempi», nonché «un faro luminosissimo per la rotta di un’Europa che sarà veramente unita, quando lo sarà in nome di Dio».

«Veramente mio nonno – ha affermato l’arciduca Martino – è l’esempio di come ciascuno di noi, in qualsiasi tempo e luogo, sia chiamato alla santità, che sia disoccupato o Imperatore, Presidente o Primo Ministro. In ogni cosa tanto da Capo di Stato quanto da padre di famiglia, nella vita quotidiana ha messo la fede davanti a tutto. Prima di assumere decisioni importanti, si ritirava in preghiera. Anche il tempo dell’esilio rappresentò per lui l’opportunità per lunghi pellegrinaggi».

E in questo si evidenzia l’attualità del suo messaggio, assolutamente valido anche oggi. In quest’epoca di confusione e di relativismo, almeno in occasione dell’importante cerimonia, il “mondo” è rimasto fuori dal portone d’ingresso della chiesa. E i presenti sono stati illuminati dalla luce della fede, emanata dall’esempio e dalla testimonianza resa dall’ultimo Imperatore d’Austria, Carlo I d’Asburgo.

FONTE: Radici Cristiane n. 56

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