Trieste e le foibe – Intervista a Paolo Sardos Albertini
Sono trascorsi 69 anni da quando, il 5 ottobre 1954 venne firmato il Memorandum di Londra da Italia, Stati Uniti e Repubblica federativa popolare di Jugoslavia. Tale atto assegnò la cosiddetta «Zona A» ovvero il territorio libero di Trieste ed il suo porto franco internazionale dall’amministrazione militare alleata a quella civile italiana, mentre assegnò contemporaneamente la cosiddetta «Zona B» (comprendente Villa Decani, Capodistria, Isola, Pirano, Maresego, Monte di Capodistria, Umago, Buie, Verteneglio, Grisignana, Cittanova) all’amministrazione civile della Jugoslavia.
In quel contesto così delicato la Lega Nazionale, fondata nel 1891 per sostenere e diffondere la lingua e la cultura italiana nelle terre contese del Nord-Est del Paese, tornò ad essere protagonista delle vicende politico-sociali, conseguenti a tali fatti, per mobilitare, al di là dei singoli partiti di appartenenza, quanti intendessero opporsi allo schieramento slavo-comunista. Nel 1946 si ricostituì formalmente con uno storico manifesto, sottoscritto da numerose firme autorevoli. Centinaia di migliaia furono le adesioni raccolte in poco tempo, a dimostrare un’esigenza molto diffusa. Da allora molte le pagine di storia riscritte grazie anche al suo contributo. A partire da quella, tragica, orrenda pagina delle foibe, come ci spiega il presidente della Lega Nazionale, l’avv. Paolo Sardos Albertini, in questa intervista.
Per quasi mezzo secolo l’Italia “ufficiale”, i libri di scuola, le celebrazioni hanno censurato qualsiasi riferimento alle foibe: perché?
Posto che quello delle foibe è stato un tipico crimine comunista, il silenzio del Pci e delle Sinistre subalterne era quasi doveroso. Ma per la Dc? In realtà fino alla rottura con i comunisti valeva il medesimo vincolo. Poi, dopo la fine del Governo Parri e nella campagna elettorale del ‘48, ci fu un’apertura (di certo il tema venne utilizzato dai Comitati Civici di Gedda), ma dopo l’espulsione di Tito dal Cominform è subentrato l’interesse Usa di non «disturbare» il Maresciallo di Belgrado e la Dc italiana rigorosamente obbedì.
Alle vittime della foibe e dell’esodo non bisognava dare spazio pubblico; si poteva al massimo tenerli sotto controllo con la politica dei sussidi più o meno clientelari. Il risultato? La tragedia più grave che abbia mai colpito lo Stato italiano dalla sua esistenza: oltre dieci mila infoibati e oltre trecento mila costretti all’esilio, nonché la perdita di una intera regione. Tragedia, oscurata non solo ad oltraggio delle Genti Giulie, ma anche a danno di tutti gli Italiani.
Quale ruolo giocò Trieste il primo maggio 1945 all’arrivo delle truppe di Tito in città?
30 aprile 1945: il CLN di Trieste, di cui non faceva parte il Partito comunista, ordinò l’insurrezione contro i Tedeschi e prese il controllo del centro della città. Il giorno dopo – il primo maggio – arrivarono le truppe di Tito, che disarmarono gli uomini del CLN e cercarono di arrestare i suoi dirigenti. Ed iniziarono l’operazione «terrore»: centinaia e centinaia di persone prelevate e sparite per sempre. Il «terrore rivoluzionario» fu poi accompagnato da tutta una serie di atti finalizzati ad annettere Trieste alla nuova Jugoslavia.
Solo il 12 giugno seguente – grazie ad un intervento energico del presidente Truman – gli uomini di Tito lasceranno la città di san Giusto (ma non il territorio istriano). All’epoca al governo sedevano ancora i rappresentanti di tutti e sei i partiti del Comitato di Liberazione Nazionale (quindi compresi comunisti e socialisti) e ministro di Grazia e Giustizia era Togliatti: possibile che non potessero intervenire su Tito?
Nella gerarchia del Cominform Togliatti era rigorosamente subordinato a Tito. Il 15 ottobre 1944, in un incontro a Bari con i due emissari del Maresciallo, Gilas e Kardelj, Togliatti si impegnò a favorire l’occupazione della Venezia Giulia da parte di Tito e il suo inserimento nel nuovo Stato rivoluzionario jugoslavo; accettò anche che i suoi partigiani combattenti passassero sotto il comando sloveno e che i suoi iscritti di partito seguissero la stessa sorte. A seguito di tali accordi alcuni esponenti comunisti triestini, poco propensi a seguire tale linea, finirono «stranamente» nelle mani della Gestapo.
Col crollo del Muro di Berlino e, con esso, col contemporaneo crollo del comunismo, è emersa in tutto il suo orrore la pulizia etnica operata dal comunista Tito. Cos’era accaduto, esattamente?
Per Tito l’obiettivo era lo Stato rivoluzionario comunista. A tal fine, fondamentale era il «terrore»: migliaia di Italiani assassinati nelle foibe , ma anche – nello stesso periodo e a opera degli stessi assassini – decine di migliaia di Sloveni e centinaia di migliaia di Croati. Italiani, Sloveni, Croati (e prima era toccato ai Serbi), tutti trucidati in nome di quella rivoluzione, che – come dichiarato da Mao Tse Tung – non era «un pranzo di gala».
La «pulizia etnica» come tale non era in realtà un fine per Tito, bensì uno strumento (che egli però non esitò ad utilizzare), per garantire le nuove frontiere della Jugoslavia da eventuali pretese in termini di nazionalità. Con questa logica gli Italiani sono stati cacciati dall’Istria (Gilas dichiarò nel ‘91 di aver avuto assieme a Kardelj tale incarico da parte di Tito, da realizzare «con ogni mezzo» ed, assicurò, «così fu fatto»).
Dopo il “suicidio” del Comunismo anche a Sinistra, anche i democristiani hanno iniziato a parlare di foibe ed esodo (il presidente Cossiga venne alla foiba di Basovizza il 3 novembre ‘91, dichiarando: «Avrei voluto farlo prima ma non me lo hanno permesso»). È rimasta tuttavia una certa resistenza nel parlare di «crimini comunisti». Per anni alla Presidenza della Repubblica si sono consegnati attestati ai familiari degli infoibati, senza che si potesse dichiarare che erano stati assassinati dai partigiani comunisti di Tito.
È stato solo il presidente Napolitano, alla fine del suo mandato, a rompere parzialmente il tabù ed a parlare di «comunismo» (sia pure nella versione “eretica” jugoslava). Per tanti – anche storici più o meno paludati – le cause si sarebbero dovute cercare nei crimini fascisti, negli opposti nazionalismi o magari nel conflitto città-campagna ed altre amenità. Tutto pur di non dire la parola tabù: COMUNISMO.
Eppure pare che, ad oggi, delle foibe non siano stati cercati, prima ancora che individuati, i colpevoli. Come mai?
Gli eccidi non sono stati frutto di crimini individuali, ma di una operazione rigorosamente programmata e realizzata. Ad ordinare il tutto era stato Tito ed a realizzarla l’apparato del suo Stato ed in primis l’Ozna, i suoi Servizi, gemelli del KGB di Stalin. Processare i colpevoli? Bisognava partire da Josip Broz, detto Tito, al quale la Repubblica Italiana – presidente Saragat – concesse invece la sua massima onorificenza, onorificenza che neppure nel 2019 si è riuscito ancora di far revocare.
Quale la specificità di Trieste rispetto al resto d’Italia?
Trieste ha vissuto già ai tempi di Francesco Giuseppe un pesantissimo tentativo di «pulizia etnica», che ha reso la sua popolazione particolarmente sensibile al tema dell’identità e quindi a quello della memoria. Per tale ragione la città di san Giusto ha conservato anche nei successivi decenni, specie di fronte alle durissime vicissitudini del secondo dopoguerra, la consapevolezza di quanto sia importante il «pensare patria», consapevoli di come proprio il «patriottismo» sia il vero antidoto contro le forme degenerate del nazionalismo.
Come Lega Nazionale vi riproponete anche oggi di arrivare alle giovani generazioni. Perché? Permane una cappa di silenzio nella Scuola?
Conservare le memorie, affidarle alle giovani generazioni per aiutarle a costruire la propria identità: è questo il programma della Lega Nazionale dal 1891 e lo è oggi più che mai. Come attuarlo? Al Sacrario di Basovizza abbiamo ogni anno oltre 60 mila giovani, provenienti da tutt’Italia, ai quali proponiamo la tragedia italiana di foibe ed esodo. Inoltre, da quando la Lega Nazionale gestisce anche il Museo del Risorgimento, abbiamo un ulteriore strumento per parlare ai ragazzi triestini.
E ancora: il fiore all’occhiello delle attività della Lega è rappresentato da un gruppo di “giovani storici”, le cui ricerche, i cui lavori portano proprio a far luce su tanti aspetti di «memoria proibita» , come si è cercato di fare appunto con il tema foibe. Uno di questi “giovani storici” era William Klinger, autore della fondamentale Storia dell’OZNA, assassinato in un parco di New York, il 31 gennaio 2015, con due colpi di pistola alla nuca. Ci ha lasciato un ricordo incancellabile.
FONTE: Radici Cristiane n. 149