Madonna Garvagh

Madonna Garvagh - Schola Palatina

Nel corso della sua carriera, breve ma intensa, Raffaello ricevette l’incarico di dipingere oltre una trentina di quadri raffiguranti la Madonna con il Bambino. Una quantità numerica ingente, che si può spiegare non solo con il successo dell’artista, ma anche con l’ampia diffusione di quel tema in ogni parte d’Italia, all’epoca, quando in ogni casa non mancava mai un’immagine dedicata alla Vergine, indipendentemente dal livello sociale di chi l’abitasse.

A tale richiesta così diffusa rispondevano artisti specializzati in quadri di quel soggetto. Ma era sempre in agguato il pericolo di ripetere in forma uguale e standardizzata quegli schemi iconografici, che la tradizione aveva fissato già da secoli.

Originale nella Tradizione

Non per Raffaello, tuttavia, la cui opera dimostra come il vero genio non sia necessariamente colui che si opponga alla corrente di pensiero dominante, ma chi sappia essere sempre originale e innovativo, pur nella totale aderenza alla tradizione, sia per l’iconografia che per il contenuto da esprimere. Proprio come era, in quegli stessi anni, Michelangelo e come sarà, un secolo dopo, anche Caravaggio.

Il filo rosso che collega tutte le immagini mariane di Raffaello – e una delle ragioni del loro successo – è la bellezza e la grazia che connotano sempre la figura della Vergine e la delicatezza delle pose e delle azioni messe in campo.

Qualità, che si riscontrano anche in questo dipinto a olio su tavola, proveniente dalla collezione Aldobrandini e giunta infine in Inghilterra. Siamo attorno al 1509-1510, proprio quando Raffaello sta anche dipingendo per l’ufficio-biblioteca di papa Giulio II la Scuola di Atene e la Disputa del Santissimo Sacramento.

A quel tempo l’artista aveva già visto molto, dalle opere di Piero della Francesca a Urbino, da cui aveva tratto quel nitore formale e quel rigore compositivo che caratterizza anche la nostra immagine, alle tavole serene e aggraziate del Perugino, con cui aveva collaborato in gioventù. Ma anche aveva incontrato Leonardo da Vinci, da cui deriva il simbolismo del fiore e soprattutto l’idea della doppia apertura sullo sfondo, verso un paesaggio che ricorda i paesi dei dintorni di Roma. Tipico della moda rinascimentale romana, d’altra parte, è anche il copricapo della Vergine, una sorta di drappo che avvolge la sua testa, secondo una foggia che Raffaello ripeterà anche in altre sue immagini mariane, nonché nella Fornarina di palazzo Barberini.

La Madonna Garvagh e quel piccolo fiore

La loggia aperta sullo sfondo, se da un lato risalta e spinge in avanti il profilo chiaro e nitido di Maria sullo scuro del pilastro, dall’altro lo bilancia sui lati con un movimento che volge in profondità, e contribuisce a trasferire nel quotidiano contesto della campagna romana un soggetto il cui significato è in realtà profondamente simbolico.

Sembra un paradosso, ma il centro del simbolismo e della composizione dell’intera scena è un piccolo fiore: quel garofano rosso che Gesù sta porgendo all’infante Giovanni Battista e che questi è pronto a ricevere aprendo la mano. Infatti, anche se alcuni storici dell’arte inglesi interpretano l’azione in direzione opposta (ossia con san Giovanni che non riceve, ma consegna il fiore a Gesù), il movimento narrato da Raffaello è chiaro e segue l’usuale andamento che svolge l’azione da sinistra verso destra e, in rispetto delle gerarchie, dall’alto verso il basso.

Nella medesima direzione sta guardando anche la Vergine, che anzi solleva il manto per accompagnare il movimento del Figlio verso Giovanni. Per lui siamo ancora distanti dai tempi del suo eremitaggio nel deserto, ma è già caratterizzato dagli usuali attributi: una soffice pelliccia di cammello e il bastone in forma di croce.

Il sangue versato

Ma il gesto della Vergine vuole esprimere anche protezione verso i due piccoli. Seduta come a terra, ma in realtà su di un piedistallo, Maria pare essere consapevole del futuro tragico destino di entrambi e, pur esprimendo la sua fede in Dio con la serenità del suo volto, spontaneamente reagisce da madre, avvolgendo entrambi con il suo manto, come se volesse preservarli da quello che li attende. Quel gesto, infatti, insieme alla compatta unità piramidale del gruppo, vuole anche indicare la comunanza dei due nello stesso tragico destino.

Perché anche Giovanni Battista, il profeta che annuncia la venuta e la passione del Figlio di Dio, subirà egli stesso la sua passione personale, la sua futura uccisione a causa del volere di Erode Antipa.

Ed è proprio a quel sangue versato da Giovanni, cui allude il colore rosso del garofano che Gesù gli sta consegnando. Nel complesso simbolismo botanico, che caratterizza l’arte medievale e rinascimentale, il garofano rosa era un fiore spesso raffigurato in opere profane, come simbolo di amicizia e di amore. Anche in questo caso, quindi, la presenza del fiore potrebbe indicare la stretta unione affettiva tra i due.

Tuttavia il colore rosso che Raffaello gli ha associato, invece di quello usuale del rosa, in questo contesto annuncia per entrambi la futura passione, anzi, nello specifico, visto che è Giovanni a riceverlo, quello del suo tragico destino, che egli liberamente e serenamente sta accettando.

Un sacrificio che non è vano, perché la chiesa che si staglia dietro a Gesù nello sfondo (se ne riconoscono l’abside e il campanile) è il segno dell’epilogo di quello che accadrà: la nascita della Chiesa, fondata sul sacrificio di Cristo e sul sangue versato dai martiri.

FONTE: Radici Cristiane n. 138

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