San Domenico Savio, un capolavoro di don Bosco

San Domenico Savio è stato certamente il grande capolavoro pedagogico di san Giovanni Bosco. Nacque a Riva di Chieri da una famiglia povera nel 1842. Ad appena sette anni, in maniera del tutto eccezionale, fu ammesso alla Prima Comunione: a quei tempi l’Eucaristia si riceveva per la prima volta oltre i dodici anni. Sin da subito il piccolo Domenico s’impegno a vivere una vita autenticamente cristiana, da qui la sua famosa frase: “La morte, ma non il peccato”.
“Una buona stoffa!”
Quando don Bosco lo accolse nel suo oratorio si rese subito conto della straordinarietà di quel bambino. Tanto lo toccò quell’incontro che don Bosco stesso narrò quell’avvenimento nei minimi particolari come se l’avesse registrato. «Era il primo lunedì di ottobre, allorché vidi un fanciullo accompagnato da suo padre che si avvicinava per parlarmi. Il volto ilare, l’aria ridente ma rispettosa, trassero verso di lui i miei sguardi. “Chi sei – gli dissi – donde vieni?”. “Io sono – rispose – Savio Domenico, di cui le ha parlato don Cugliero mio maestro, e vengo da Mondonio”. Allora lo chiamai da parte, e messici a ragionare dello studio fatto, del tenor di vita fino allora praticato, entrammo subito in piena confidenza.
Conobbi in quel giovane un animo tutto secondo lo spirito del Signore e rimasi non poco stupito considerando i lavori che la grazia divina aveva già operato in così tenera età. Dopo un ragionamento alquanto prolungato, prima che io chiamassi il padre, mi disse queste precise parole: “Ebbene, che gliene pare? Mi condurrà a Torino per studiare?”.
Io che sapevo che la sua mamma era una buona sarta, risposi: “Eh, mi pare che ci sia buona stoffa”. “A che può servire questa stoffa?”. “A fare un bell’abito da regalare al Signore”. “Dunque, io sono la stoffa, lei ne sia il sarto; mi prenda con lei e farà un bell’abito per il Signore”. “Io temo che la tua gracilità non regga per lo studio”. “Non tema questo; quel Signore che mi ha dato finora sanità e grazia, mi aiuterà anche per l’avvenire”. “Ma quando tu abbia terminato lo studio del latino, che cosa vuoi fare?”. “Se il Signore mi concederà tanta grazia, desidero ardentemente diventare sacerdote”».
San Domenico Savio: un coraggio senza pari
Della sua vita si raccontano tanti episodi in cui manifestò un grande coraggio. Ve ne è uno in particolare che insegna molto a questi tempi di profondo rispetto umano e di vergogna della Croce di Cristo. Due compagni di Domenico, per aver litigato, avevano deciso di risolvere in campagna, a pietrate, la loro contesa. Qualcuno lo venne a sapere, ma i due minacciarono: “Se qualcuno parla, la prima testa rotta è la sua!”. Domenico venne a conoscenza della cosa. Mentre gli altri furono presi da vigliaccheria, egli decise di “voler bene con coraggio”. Avvicinò i due “nemici”, cercò di ragionare con loro, ma non vi fu nulla da fare. Ognuno dei due si scelse i padrini del duello, i quali scelsero le armi: dieci pietre da dividere tra i duellanti.
Mentre si svolgevano questi preliminari, qualcuno andò a chiamare Domenico. Egli accorse e si pose tra i duellanti. Gli intimarono di andarsene. Domenico allora tirò fuori il piccolo crocifisso che portava al collo e corse da ognuno dei due e disse: “Guarda il Crocifisso! E adesso, se hai coraggio ripeti: ‘Gesù è morto perdonando i suoi carnefici. Io invece non voglio perdonare, voglio far vendetta’”. Il duello non si fece. Uno dei duellanti, diventato adulto, ricordava l’episodio con queste parole: «Mi sentii pieno di vergogna per aver costretto un amico così buono ad usare misure estreme per impedire quella triste avventura, e perdonai di cuore a chi mi aveva offeso».
Domenico a dodici anni già sapeva di dover morire. Restò nell’Oratorio solo tre anni. Quando abbandonò i compagni per tornare a casa in quanto la malattia ormai era senza speranza, per lui fu un dolore grandissimo, ma accettò tutto con grande docilità. Famose furono queste parole con cui salutò gli amici: “Arrivederci dove saremo sempre con il Signore”. Negli ultimi giorni della sua malattia era lui a far coraggio ai genitori. Al padre tanto addolorato disse: “Addio, caro papà. Oh, che bella cosa io vedo mai!”. Morì il 9 marzo del 1857. Fu canonizzato da Pio XII nel 1957 e indicato come patrono degli studenti cristiani.
Anche un bambino può raggiungere la perfezione
La vita di san Domenico Savio (ma non solo) ci fa capire come il Cristianesimo permette il raggiungimento della perfezione anche in età infantile e adolescenziale. Il motivo sta nel fatto che la realizzazione della perfezione non sta nell’efficienza personale, ma nella capacità dell’anima di rendersi docile alla Grazia che è la vera artefice della santità. Le religioni non cristiane, le quali non posseggono il concetto di vita interiore, devono necessariamente porre l’accento sulla forza personale che solitamente si esprime nell’adempimento della legge e delle formalità rituali.
Nell’Islam non c’è valorizzazione dell’essere bambino, proprio perché in esso il criterio dell’adesione a Dio non è nella vita interiore ma nella realizzazione del jihad, cioè di quello “sforzo” per islamizzare il mondo intero che deve includere anche l’uso della forza. A dimostrazione va ricordato che gli unici musulmani a poter andare direttamente in Paradiso, senza passare per il tunnel dell’addormentamento fino alla fine del mondo, sono coloro che muoiono volontariamente o involontariamente per il jihad. Dunque, l’essere bambini in questa prospettiva è non un privilegio ma un impedimento.
Parimenti nelle religioni cosiddette “orientali” (Induismo e Buddismo) l’essere bambino non ha alcuno significato. È negata l’esistenza individuale e così anche tutte le sue fasi. L’io è negativizzato (Induismo) o addirittura annullato (Buddismo) per cui se l’uomo non c’è, non c’è neanche il bambino.
Nel Cristianesimo, invece, non è così. Gesù dice: «Chi non accoglie il Regno di Dio come un bambino, non entrerà in esso» (Mc. 10). E non è un caso che nel Cristianesimo la festa più affascinante sia proprio la festa della nascita di un Bambino: di Dio che si fa veramente Bambino!
FONTE: Radici Cristiane n. 51