Il principio del duplice effetto

Il principio del duplice effetto - Schola Palatina

In Italia, come nel resto del mondo, è iniziata da tempo la somministrazione di alcuni vaccini, che sono stati messi a punto utilizzando linee cellulari ricavate da un aborto avvenuto nel 1972 e da un altro nel 1985. La collaborazione al male si sostanzierebbe soprattutto in due aspetti.

Il primo: potrei incentivare le aziende farmaceutiche a sviluppare, in futuro, vaccini ricavati da feti abortiti, sviluppando una mentalità che vede nel nascituro non una persona, bensì mero materiale biologico.

Il secondo effetto negativo: vaccinandomi, potrei favorire una cultura abortista e quindi la stessa prassi abortiva.

Al quesito posto all’inizio aveva già risposto, in senso affermativo però nel rispetto di alcune condizioni, la Pontifica Accademia per la Vita nel 2005 con il documento Riflessioni morali circa i vaccini preparati a partire da cellule provenienti da feti umani abortiti e la Congregazione per la Dottrina della Fede nel 2009 ai nn. 34 e 35 del documento Dignitas personae. Per risolvere questo dilemma etico occorre applicare il principio del duplice effetto (Pde), di cui qui vogliamo ricordare solo i criteri legati al fine, all’efficacia/proporzione e allo stato di necessità.

Il fine dell’atto

Fine dell’atto: la persona si vaccina perseguendo un fine preventivo sanitario (non ammalarsi e non infettare). Il fine è quindi in sé buono. Ma non basta che un atto sia astrattamente buono, occorre che, calato nelle circostanze concrete, sia anche realmente buono.

E così transitiamo all’analisi del secondo criterio del Pde: l’efficacia, cioè soppesare i pro e i contra. Tommaso d’Aquino appuntava che «un atto che parte da una buona intenzione può diventare illecito, se è sproporzionato al fine» (Summa Theologiae, II-II, q. 64, a. 7 c.). Quindi, affinché un’azione sia proporzionata al fine, deve essere efficace ossia occorre che gli effetti positivi generati dall’azione superino quelli negativi, altrimenti l’azione sarebbe dannosa e dunque malvagia.

Gli effetti negativi nel nostro caso sono quelli già ricordati: incentivo nei confronti delle case farmaceutiche a produrre in futuro vaccini ricavati da cellule di aborti e diffusione di una mentalità pro-aborto. A questi, si aggiungono i possibili danni alla salute causati direttamente dalla vaccinazione. Gli effetti positivi, tra i molti, sarebbero invece: tutela della salute e della vita di chi si vaccina e di chi non si vaccina (i vaccinati fanno da scudo ai non vaccinati).

Quantità degli effetti

Passiamo al calcolo della quantità degli effetti ossia al calcolo dell’incidenza, che riguarda l’atto collaborativo.

L’incentivo alla produzione di nuovi vaccini provenienti da aborto è assai remoto e quindi debolissimo: le case farmaceutiche li produrrebbero comunque, anche se una manciata di cattolici si rifiutasse di vaccinarsi. Questo tipo di collaborazione dunque non è l’ago della bilancia. Stessa conclusione per l’incentivo alla mentalità abortista: la stragrande maggioranza delle donne non abortisce perché le persone usano vaccini provenienti da aborti- infatti la quasi totalità delle persone ignorano addirittura questa circostanza -, ma per altri motivi.

Quindi, questi due effetti collaborativi sono sì possibili, ma di assai tenue intensità. La giusta obiezione a tale conclusione però potrebbe essere la seguente: anche se tutti noi che ci vacciniamo collaborassimo, seppur remotamente, a provocare un solo aborto, che non ci sarebbe stato se non ci fossimo vaccinati, ciò imporrebbe il divieto di vaccinarsi. Per rispondere all’obiezione, occorre verificare se vaccinarsi salvi più vite di quelle che fa perire e dunque ora è necessario calcolare l’incidenza degli effetti diretti, positivi e negativi, derivati dall’uso del vaccino, non più derivati dalla collaborazione.

Due scenari

Proponiamo solo due scenari.

Il primo, fortemente pessimista: è certo o solo probabile che questi vaccini salveranno poche persone, solo qualche migliaio, e gli effetti collaterali non saranno importanti. Sarebbe lecito usare i vaccini, perché salverebbero comunque più vite di quelle perite per aborti incentivati dall’uso del vaccino. Il gioco varrebbe la candela. Di contro, la scelta di non vaccinarsi provocherebbe molti più morti di quanti si vorrebbe evitare.

Dunque chi è contro questi vaccini e si astenesse dal vaccinarsi – qualora versassimo in questo scenario – cadrebbe in quello stesso errore che si imputa a chi vuole vaccinarsi: provocare la morte di persone innocenti. In altri termini la sua omissione configurerebbe una collaborazione materiale, in questo caso illecita, nel provocare molte morti (chi non si vaccina, in questi due scenari, mette a repentaglio la propria vita e quella di terzi. Ciò detto, non esiste un dovere morale assoluto di vaccinarsi, perché per un bene maggiore, in casi particolari, si potrebbe e a volte si dovrebbe astenersi dalla vaccinazione).

Secondo scenario che, allo stato attuale, pare essere quello più realistico: c’è grande incertezza sull’efficacia del vaccino, cioè se i suoi effetti positivi superino quelli negativi, soprattutto nel lungo periodo. In questo caso non si dovrebbe usarlo sia in riferimento alla tematica della collaborazione al male, sia in riferimento alla propria salute. Non solo non si dovrebbe fare ricorso a tale vaccino, ma non si dovrebbe nemmeno metterlo in commercio.

Lo stato di necessità

Tornando alla collaborazione al male, l’altro criterio del Pde (principio del duplice effetto) da applicare è lo stato di necessità: anche se il vaccino fosse sicuramente efficace e potesse salvare milioni di vite, se ci fossero altri vaccini, che non fanno uso di linee cellulari provenienti da aborti, e/o altre cure, ugualmente efficaci per contrastare il Covid, avrei l’obbligo morale di usarli, proprio perché più efficaci: infatti il loro uso non porterebbe con sé l’effetto negativo della collaborazione materiale al male (nota bene: lo stato di necessità si verifica anche nelle more dell’attesa di un vaccino privo di criticità morali, stante la presenza sul commercio di soli vaccini provenienti da aborti). E dunque la ragione, individuando una soluzione più efficace, avrebbe il dovere di adottarla.

In estrema sintesi: se gli unici vaccini per prevenire il Covid fossero quelli provenienti da aborti e la loro efficacia fosse certa o probabile allora sarebbe moralmente lecito usarli.

Ogni azione produce danno

Un’ultima nota. Tutte le nostre azioni producono sempre un danno e a volte questo danno si configura come collaborazione al male ossia a volte c’è qualcuno che usa degli effetti materiali delle nostre azioni a fin di male. Ma non sempre l’atto, che ha generato questi effetti, è esso stesso malvagio.

Due esempi: è lecito pagare le imposte ad uno Stato che, con parte dei quei soldi, promuove l’aborto, perché gli effetti ricercati da chi paga tali imposte sono positivi (fine buono) e sono maggiori degli effetti negativi (si salveranno più vite di quelle abortite) e perché per ottenere quegli effetti positivi le imposte sono necessarie. Quindi collaboro materialmente ad un danno provocato da terzi e nel frattempo tollero tale danno da me non voluto.

Gli esempi sono infiniti, ma trovano sempre soluzione applicando il Pde (principio del duplice effetto) e perciò verificando – volta per volta – se l’atto, che deve essere orientato ad un fine buono, sia efficace e se si versi in stato di necessità.

FONTE: Radici Cristiane n. 161

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