La Maddalena penitente di Georges de La Tour

La Maddalena penitente di Georges de La Tour - Schola Palatina

Georges de La Tour, uno dei massimi pittori del Seicento francese, presenta la Maddalena penitente di fronte all’immagine riflessa di sé stessa, nel buio di una stanza silenziosa. Più che in penitenza, è colta nella meditazione sulla vanità e fugacità dei piaceri del mondo. Non ha l’aureola e nemmeno le vesti classiche: l’autore porta la santa nel tempo presente dello spettatore, per farla sentire più vicina, accessibile e quindi più facilmente imitabile nel suo modello di conversione.

«Chi meglio della Maddalena, per muovere tutti i peccatori a penitenza?»: le parole di padre Francesco Panigarola, uno dei più importanti predicatori della Chiesa tridentina, spiegano la grande diffusione delle immagini della Maddalena penitente, soprattutto nel Cinque-Seicento.

L’atteggiamento penitenziale, in cui la santa era spesso raffigurata, era dovuto al fatto che, fino a qualche decennio fa, si tendeva a far coincidere in Maria Maddalena diversi personaggi citati dai Vangeli: l’indemoniata guarita da Gesù, presente alla crocifissione e prima testimone della resurrezione di Cristo, la sorella di Lazzaro e Marta e soprattutto la peccatrice, che in casa di Simone unge con olio prezioso e asciuga con i suoi capelli i piedi di Cristo: «Ed ecco, una donna, una peccatrice di quella città, saputo che si trovava nella casa del fariseo, portò un vaso di profumo; stando dietro, presso i piedi di lui, piangendo, cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di profumo. [Gesù] poi disse a lei: “I tuoi peccati sono perdonati. […] La tua fede ti ha salvata; va’ in pace!» (Lc 7, 37-50).

La tradizione narra che andò poi in Provenza, dove spese gli ultimi anni in penitenza come eremita in un luogo selvaggio, divenendo uno dei migliori esempi di conversione e perdono dei peccati. Per questo motivo la Maddalena è patrona delle prostitute convertite, dei penitenti ed, in relazione alla sua leggendaria chioma, anche dei parrucchieri.

La Maddalena penitente in Caravaggio e de la Tour

Fatto sta che di solito, soprattutto nella tradizione iconografica italiana, la santa viene presentata come una donna dalla bellezza ideale e dalle vesti classiche, in atto di ispirata penitenza in un luogo selvaggio.

Non così fa Caravaggio, nella sua prima opera sacra nota, la Maddalena della Galleria Doria Pamphilj di Roma. E non così fa anche Georges de La Tour, attorno al 1635-40, presentando la Maddalena come una ragazza del suo tempo, in solitaria meditazione di fronte all’immagine riflessa di sé stessa, nel buio di una stanza silenziosa. Ma non sappiamo ancora quanti e in che termini siano i debiti di La Tour nei confronti del Merisi, specialmente per gli effetti di chiaroscuro che caratterizzano le opere di entrambi gli artisti. Perché, nonostante Georges de La Tour sia oggi riconosciuto come uno dei massimi pittori del Seicento francese, è anche uno dei più misteriosi.

Fu pittore al soldo del re di Francia Luigi XIII e del cardinale Richelieu, ma nulla si sa della sua formazione, di quali siano state le radici del suo realismo e del suo sapiente uso degli effetti di luce. Quello che è certo è che elaborò un linguaggio originalissimo, unico e mai eguagliato, per qualità tecnica, ma anche per soluzioni iconografiche. Soluzioni che sembrano voler portare lo sguardo dello spettatore oltre il visibile, in quella zona d’ombra misteriosa e densa, in cui spesso immerge i suoi soggetti.

Un contesto tutto interiore

Il denso silenzio, infatti, regna sempre sovrano, nei quadri di La Tour, come fa anche in questa Maddalena, che più che in penitenza è colta nella meditazione sulla vanità e fugacità dei piaceri del mondo.

Ma chi ci dice che questa fanciulla dai capelli bruni e sottili sia davvero la Maddalena? Non ha l’aureola e nemmeno le vesti classiche che la caratterizzano nella tradizione più comune. Sembra invece una ragazza vera, del 1600 ma anche dei giorni nostri, vestita di una camicia bianca molto comune all’epoca del pittore. Perché, come aveva già fatto Caravaggio, anche La Tour porta la santa nel tempo presente dello spettatore, per farla sentire più vicina, accessibile e quindi più facilmente imitabile nel suo modello di conversione.

A rendere speciale questa fanciulla è il contesto in cui si trova. Il suo sguardo è distaccato dal mondo, intensamente concentrato in una meditazione che è tutta interiore. Maddalena è sola, il buio della sua stanza è illuminato solo da una candela posta sul tavolo e di cui vediamo appena la punta della fiamma. A schermarla ai nostri occhi è la scura sagoma di un teschio, dalla quale non solo Maddalena, ma nemmeno noi possiamo scappare.

La funzione dello specchio

Il simbolo del memento mori per eccellenza, della vanitas dei beni mondani viene quindi ad essere il centro della tela e della meditazione non solo della santa, che lo sta addirittura accarezzando, ma dello spettatore stesso, chiamato anche lui a decidere, come Maddalena, sulla sua stessa vita. E anche lo specchio posto di fronte alla fanciulla non ha una funzione puramente riempitiva, ma ugualmente di richiamo verso lo spettatore. È posto, infatti, in diagonale. Tanto che l’immagine ivi riflessa è ancora una volta il teschio, non il giovane volto di Maddalena.

Quello specchio quindi, che a suo tempo era servito alla peccatrice per rendersi piacente, con la cipria ancora posta lì accanto, ora presenta non quello che lei sembra essere, ma quello che è davvero: una donna la cui bellezza è vana, perché destinata a sfiorire nel tempo, se una luce non le avesse improvvisamente aperto gli occhi, per farla guardare oltre.

Quella luce schermata della candela diviene a questo punto un’immagine metafisica della Grazia di Dio che si è posata su di lei, per riempire con la sua densa consistenza quel centro rimasto vuoto, per illuminare il buio della stanza e della sua anima, per riscaldarle il petto, e per trasfigurarne il volto con effetti simili all’alabastro. Nella presa di coscienza dei propri limiti, Maddalena non è lasciata sola. Il suo volto è sereno e consapevole, accarezza il teschio senza timore, ormai sa che quella non sarà la sua fine, perché quella luce ha riempito di vita per sempre il vuoto della sua anima.

FONTE: Radici Cristiane n. 165

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