Il canto gregoriano

Canto gregoriano

Il canto gregoriano si basa sulla sottomissione della musica alla parola; i segni dell’accentazione tonica, tipici della oratoria romana, vengono adattati ad esprimere i suoni del canto. Esso è caratterizzato da uno stile semplice ed austero, da cadenza armoniosa delle frasi, da libertà modale ed elasticità ritmica, da omogeneità di stile nonostante la varietà di forme musicali.
Questa musica coinvolge la sensibilità umana nella celebrazione, spiritualizzando il canto e purificandolo dalle tendenze disordinate; lo stesso respiro del cantore viene educato dal ritmo musicale, senza imporgli una metrica rigorosa ma modellandolo mediante un processo ondulatorio e “a spirale” che lo eleva verso l’alto.

Il “canto piano”

Fin dai primi secoli nella Chiesa si diffuse un canto liturgico che imitava il canto ebraico delle sinagoghe, rimodellato secondo le regole musicali greche; esso accompagnava non solo la celebrazione della Messa ma anche quella dell’Ufficio liturgico.

Nacque così il “canto piano” omofonico e monodico, impostato su 8 toni musicali (octoechos) ed eseguito rigorosamente “a cappella” (ossia solo da voci, senza strumenti), che eseguiva salmi, inni e antifone. Questo canto piano venne sancito da Papa san Damaso e poi Papa san Leone Magno, verso il 450, fondò una prima Schola cantorum pontificia nel chiostro della chiesa romana dedicata ai santi Giovanni e Paolo.

La riforma di san Gregorio Magno e il canto gregoriano

Tale canto è passato alla storia col nome di “gregoriano”, in quanto alla fine del VI secolo, nell’àmbito della sua vasta riforma liturgica, Papa san Gregorio Magno riorganizzò anche il canto sacro.
Egli diede una costituzione alle Scholæ cantorum già operanti, composte da monaci che trascrivevano e insegnavano ai giovani quei canti che, mancando di una notazione precisa, erano stati fino ad allora trasmessi a memoria.

Inoltre il Papa avviò la costituzione dell’Antiphonarium, ossia del libro che contiene il repertorio di canti da eseguirsi durante le sacre funzioni solenni. Gregorio usò la sua autorità per promuovere la diffusione del canto romano in tutta Europa, soprattutto attraverso i suoi monaci.

Il canto gregoriano venne lentamente adottato da tutta la Chiesa occidentale, ad eccezione di qualche diocesi che aveva una propria musica liturgica più antica. Grazie all’uso della lingua latina, esso divenne il canto della Chiesa universale, imponendosi sulle numerose tradizioni locali e barbariche che spesso mescolavano indebitamente sacro e profano.

Nel IX secolo, seguendo le indicazioni pontificie, Carlo Magno e i suoi successori adottarono il canto gregoriano come musica sacra dell’intero impero romano-germanico, inaugurando il periodo di massima diffusione del canto gregoriano. La Scuola carolingia di Metz dapprima assimilò il canto romano, poi lo adattò a quello gallicano e infine produsse un risultato originale, nato dalla reciproca influenza tra il Papato e l’Impero, che venne approvato da Roma.

Introduzione al canto gregoriano - Schola Palatina

Introduzione al canto gregoriano

Corso formativo di 4 lezioni
a cura del Prof. Alessandro De Lillo

Dal monachesimo nasce la civiltà musicale europea

I centri del monachesimo benedettino medievale diffusero, oltre alla lingua latina con la relativa liturgia e cultura, anche la musica gregoriana; in questo modo essi non solo costituirono un elemento religiosamente e culturalmente unificatore dell’orbe cristiano, ma gettarono anche le basi della civiltà musicale europea.

Alcune antiche abbazie benedettine promotrici del gregoriano, come quella parigina di San Vittore e quella di Cluny, sono scomparse, ma altre (come quelle di Metz, Nonàntola, San Gallo, Chartres, Luxeuil, Ligugé, Münsterschwarzach, Santo Domingo de Silos) conservano tuttora l’uso del gregoriano e alcuni di loro lo diffondono mediante incisioni discografiche. Furono benedettini i maggiori teorici musicali di quei secoli, da Réomé a Notkero, da Ubaldo di Saint Amand a Oddone di Cluny. Fu ancora un monaco benedettino del XI secolo, il beato Guido di Arezzo, che inventò il tetragramma (che poi diventerà l’attuale pentagramma) dando alle note i loro nomi, tratti dalle sillabe iniziali di un inno dedicato a san Giovanni Battista (Ut queant laxis), e stabilendone l’altezza musicale in base alla “chiave” posta all’inizio delle righe; nasceva così la prima scrittura musicale rigorosa, che rese possibile tramandare le composizioni e gli stili musicali.

Da questi centri di canto liturgico nacquero poi le celebrazioni musicali pubbliche, a cominciare dai Misteri e dalle Passioni. Esse da una parte favorirono la nascita delle lingue e delle musiche nazionali, dall’altra contribuirono a formare, tra il XV e il XVI secolo, i nuovi generi musicali: non solo quelli sacri come la polifonia e l’oratorio, ma anche quelli profani come la cantata e l’opera lirica. Il gregoriano è stato quindi alle origini delle grandi stagioni musicali della civiltà europea.

Salvare il canto gregoriano

Centri di diffusione del canto gregoriano furono, a Roma, la Cappella Pontificia (detta poi “Sistina” in quanto riformata da Papa Sisto IV), la Cappella Giulia (voluta da Papa Giulio II), la Cappella Liberiana e quella Lateranense. Più recentemente il gregoriano è stato rilanciato dal Pontificio Istituto di Musica Sacra.

Tra il 1904 e il 1907, mediante iniziative volute da Papa san Pio X, la Santa Sede ha riformato il canto sacro, stabilendo l’edizione tipica del Graduale e restaurando i testi e i modi originari  del gregoriano. Nel secolo precedente, la riforma benedettina partita dal monastero francese di Solesmes sotto la guida di dom Prosper Guéranger aveva già avviato il ricupero del canto gregoriano in mezza Europa.

Nel Concilio Vaticano II, la costituzione Sacrosanctum concilium ha confermato il canto gregoriano come musica propria della liturgia romana. Ma la rivoluzione liturgica degli anni seguenti (imposizione delle lingue vernacolari, spettacolarizzazione della celebrazione, adozione di stili musicali profani e polifunzionali) ha reso sempre più problematica la conservazione del gregoriano, che si è ormai rifugiato soprattutto nei concerti pubblici, dove peraltro riscuote sempre notevole successo.

Solo recentemente alcuni convegni di liturgisti hanno ammesso che rinunciare al canto gregoriano favorisce la secolarizzazione della liturgia e hanno proposto di recuperarlo mediante una vasta opera culturale.

FONTE: Radici Cristiane n. 12

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