Mozart: il segreto di un genio

Mozart: il segreto di un genio - Schola Palatina

Qual è il segreto del sempre rinnovato successo dell’arte di Mozart capace di affascinare tutte le epoche e tutte le generazioni? Possiamo dire che, paradossalmente, esso sta nella sua “inattualità”. La sua musica cioè non riflette uno “spirito del tempo” né si adegua ad alcuna moda, ma esprime una bellezza ideale con una fragranza sempre primaverile.

Riascoltata oggi, essa costituisce un balsamo per le ferite spirituali del nostro tempo, una medicina ristoratrice dalla volgarità della vita contemporanea, un antidoto alla falsa musica oggi propinataci da accademie, conservatori, auditorium e dai mezzi di spettacolo di ogni genere.

Il magistero artistico di Mozart è tanto gradevole e peculiare quanto autorevole e universale. Non esiste un solo genere musicale ch’egli non abbia portato al livello di capolavoro, non esiste un solo strumento di cui non abbia sviluppato le possibilità esecutive. «La sonorità incantevole, la chiarezza e la potenza espressiva della sua strumentazione, la bellezza e cantabilità delle sue linee vocali, la profondità e la pregnanza delle sue sintesi formali, sono rimaste tuttora esemplari e raramente eguagliate» (Bernhard Paumgartner).

Il genio di Mozart si manifesta principalmente nella capacità di unire armonicamente queste caratteristiche della sua arte: misura, semplicità, purezza, letizia. Esaminiamole brevemente.

Mozart: prerogative di un genio intramontabile

Misura: la sua musica si attiene sempre ad un “giusto mezzo” che non eccede i limiti dell’espressione e tuttavia non s’impantana nella mediocrità. Mozart riassunse la propria estetica in questa celebre frase: «Poiché le passioni, anche violente, non devono mai arrivare fino a provocare disgusto, così pure la musica, anche nel momento più terribile, non deve mai offendere l’orecchio, ma sempre essere godibile e sempre rimanere musica» (Lettera del 26-9-1781).

Questo senso della misura equilibra il sentimento con la ragione, l’esuberanza con la raffinatezza, l’allegria con la melanconia, l’umorismo con la serietà; Dioniso ed Apollo (ma anche Mercurio) vengono sottomessi a Giove, ossia temperati da quella proporzione che «gl’ineguali unisce e i dissimili accorda, ordine e norma delle create cose», come diceva allora il poeta Metastasio.

Il risultato è appunto un mirabile ordine musicale, espresso soprattutto dalla forma-sonata, nel quale le contrapposizioni tendono a riconciliarsi nell’unità producendo quell’appagamento spirituale che tanto consola l’ascoltatore. Inoltre la musica di Mozart non è mai laconica né prolissa: essa «ha tutte le note che ci vogliono ma nessuna di troppo», come egli stesso disse al perplesso Imperatore Giuseppe II.

Semplicità: l’ordine che abbiamo sopra descritto non nasce da una complicata architettura sonora, ma da un “gioco” musicale apparentemente facile e spontaneo. Come tutte le grande creazioni dello spirito, l’arte mozartiana ha il dono di saper esprimere le cose più difficili e profonde nella maniera più semplice e leggera.

Inoltre l’efficacia della sua musica è spesso proporzionata alla modestia dei mezzi sonori usati, riuscendo ad ottenere il massimo effetto col minimo sforzo; solo i geni conoscono il segreto per ottenere un tale risultato. Secondo un falso dilemma dell’estetica contemporanea, l’arte o è tecnica razionale ma artificiale, arida e quindi impopolare, o è fantasia spontanea ma irrazionale, immorale e quindi di massa; Mozart smentisce questo pregiudizio creando una musica insieme razionale e calda, fantasiosa e casta, accessibile a tutti e da tutti godibile, apprezzata non solo dall’intenditore ma anche dal semplice appassionato, proprio come voleva l’autore.

Purezza: pur usando una tavolozza espressiva fervida e vivace e pur manifestando una esuberante pienezza di vita, Mozart ha sempre pudore delle passioni che esprime; ben lungi dal lasciarle libere, le sottomette ad una rigorosa ascesi musicale che le purifica, nobilita e spiritualizza, trasformandole in un’arte capace di educare lo spirito.

«In lui neppure la bruciante esuberanza interiore turba il miracolo della forma; il suo sguardo spazia libero e puro» (Bernhard Paumgartner). «Mozart non compie il processo di fermentazione delle passioni, ma anzi, dopo aver totalmente sottomesso ogni impurità e offuscamento, evoca la pura e perfetta bellezza» (Otto Jahn). Questo gli permette di evitare la volgarità e la sensualità mondane, mantenendosi in quel casto riserbo e in quella limpida purezza che evoca una innocenza perduta ma anche riconquistata, rendendo così affascinante la sua arte.

Letizia: le caratteristiche sopra analizzate non producono un’arte asettica o fredda o triste, ma quasi sempre gioiosa. L’effetto principale provocato dalla musica mozartiana sull’ascoltatore è quello di rallegrarlo, tanto che viene usata per curare la depressione.

Opposto alla cupa problematicità protestante, «Mozart è l’uomo di una serena cattolicità gioiosamente dispiegata nell’arte, lontanissimo da inquietudini luterane e rigori calvinisti» (Giovanni Carli Ballola). Smentendo il falso dogma del romanticismo, secondo il quale “solo il dolore è profondo”, l’arte mozartiana dimostra che il dubbio, l’inquietudine e il dolore debbono restare fattori di crisi, ossia di passaggio, per cui debbono servire a procurare certezza, pace e gioia; la letizia è insomma più profonda del dolore.

Misura, semplicità, purezza e letizia si realizzano e si compiono in una giocosità sonora che appaga l’ascoltatore rendendogli facile ciò che è difficile, semplice ciò che è complesso, spontaneo ciò che è elaborato. «Pare che giochi», esclamavano stupiti Muzio Clementi e Ludwig Tieck, l’uno ascoltando il Mozart pianista e l’altro il Mozart compositore; «per lui creare è un gioco, come se imitasse Dio», diceva con ammirazione il suo maestro e amico Franz-Joseph Haydn; «pare che scriva musiche con la stessa facilità con cui gli altri scrivono lettere», osservavano sconcertati gli esecutori delle sue composizioni notando che gli spartiti erano quasi privi di correzioni.

Un’imperfezione dovuta allo “spirito del tempo”

Tutto perfetto, dunque, in quest’arte? No, perfino essa ha una mancanza: è poco sacrale. La sincera ma superficiale religiosità dell’uomo Mozart è più umana che divina, più terrena che celeste, è più quella lunare di Piccarda Donati che quella solare di Beatrice, per usare un paragone dantesco. Massimo Mila osserva che la musica mozartiana evoca un perduto paradiso terrestre, nel quale viveva una umanità felice nella sua innocenza, e nel quale ci s’illude che si possa tornare grazie ad una nuova filosofia che sappia conciliare virtù e piacere, dovere e libertà, ragione e natura, Cielo e Terra.

Riconosciamo qui l’utopia umanitaria dell’Illuminismo, insinuata in Mozart dalla iniziazione massonica, che sminuisce le conseguenze del Peccato Originale e dimentica la necessità della penitenza per salvarsi. Tuttavia, questa incantevole musica mundana può essere apprezzata e goduta come una immagine della musica cœlestis, ossia delle eterne armonie ideali. Inoltre, Mozart talvolta esprime un anelito schiettamente ultraterreno, intuendo che la felicità non potrà venire dallo spontaneo ricupero di una natura incontaminata ma dal doloroso riscatto della natura decaduta. Questa spiritualità si manifesta soprattutto nelle composizioni più problematiche e meditabonde, non solo religiose – come il Kyrie K. 341, il mottetto Ave verum Corpus K. 618 e il Requiem K. 626 – ma anche profane, come certi passi degli ultimi concerti per pianoforte, quartetti per archi e sinfonie, e perfino delle sue opere liriche.

Il perenne ritorno a Mozart

Quando, nella propria evoluzione storica, l’arte vede invecchiati o smentiti quegl’ideali o progetti nei quali si era impegnata (a torto o a ragione), essa sente il bisogno di rigenerarsi attingendo ad una fresca riserva di energie; allora riscopre e ristudia le tradizioni popolari e soprattutto il patrimonio dei grandi autori classici, che, proprio per la loro “inattualità”, sono sempre freschi e fecondi.

Lo stile classico esprime nobiltà, decoro, purezza, misura e ordine; tutto il contrario della musica “seria” contemporanea, che è tanto artificiosa quanto superficiale, tanto astratta quanto brutale, tanto volgare quanto impopolare. Questo “ritorno all’antico” sta ripetendosi ancor oggi, e con maggior forza che nel passato, anche nel campo musicale; lo dimostra il crescente interesse per autori come Palestrina, Monteverdi, Bach, Mozart, Beethoven.

In particolare, lo stile mozartiano costituisce un modello che molti hanno tentato di rinnovare o almeno d’imitare, da Schubert fino allo Strawinski della seconda fase. «Nelle oscurità della vita, Mozart ci mostra un chiaro e luminoso orizzonte di bellezza, nel quale noi torniamo a sperare con fiducia», diceva Franz Schubert già all’inizio del XIX secolo.

Eppure questa imitazione dei classici ha prodotto ben scarsi risultati. Come mai questo fallimento? Forse perché la musica ha perso proprio quelle qualità che, come abbiamo visto, sono il segreto del genio mozartiano: misura, semplicità, purezza, letizia; certamente perché il mondo artistico ha ripudiato quella civiltà cristiana che aveva favorito il fiorire di un’arte così originale, varia e profonda.

Comunque sia, l’uomo d’oggi sta imparando a proprie spese che è impossibile sia restaurare l’originario paradiso terrestre, sia costruire il finale paradiso rivoluzionario; non gli resta che rinunciare a queste rovinose utopie nella prospettiva che «sia la bellezza a salvare il mondo», come diceva Dostojewskij.

Ma questa bellezza salvatrice, che vincerà quella corruttrice, può venire solo dalla rinascita della santità cristiana, può essere solo emanazione del divino Spirito Creatore, l’unico capace di «rinnovare la faccia della Terra», come canta la liturgia. È a questo Spirito che dunque debbono rivolgersi gli uomini per salvarsi non tanto dalla bruttezza materiale, quanto da quella spirituale.

Mozart riassunse la propria estetica in questa celebre frase: «Poiché le passioni, anche violente, non devono mai arrivare fino a provocare disgusto, così pure la musica, anche nel momento più terribile, non deve mai offendere l’orecchio, ma sempre essere godibile e sempre rimanere musica» (Lettera del 26-9-1781).

Secondo un falso dilemma dell’estetica contemporanea, l’arte o è tecnica razionale ma artificiale, arida e quindi impopolare, o è fantasia spontanea ma irrazionale, immorale e quindi di massa; Mozart smentisce questo pregiudizio creando una musica insieme razionale e calda, fantasiosa e casta, accessibile a tutti e da tutti godibile, apprezzata non solo dall’intenditore ma anche dal semplice appassionato, proprio come voleva l’autore.

Opposto alla cupa problematicità protestante, «Mozart è l’uomo di una serena cattolicità gioiosamente dispiegata nell’arte, lontanissimo da inquietudini luterane e rigori calvinisti» (Giovanni Carli Ballola).

FONTE: Radici Cristiane n. 16

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