Del Noce e Bobbio. Due pensatori a confronto
La vita e l’opera di Augusto Del Noce, nato a Pistoia nel 1910, ma intellettualmente formatosi nella Torino del primo dopoguerra, può essere intesa come specularmente opposta a quel filone di pensiero che proprio a Torino si sviluppò, negli anni Venti del Novecento, fino a conquistare una posizione egemone nella cultura italiana dell’ultimo cinquantennio. Ultimo epigono di questa linea di pensiero, che ha i suoi precursori in Gobetti e Gramsci, può essere considerato Norberto Bobbio, la cui vita può essere letta in parallelo ed in antitesi a quella di Augusto Del Noce.
Bobbio nasce il 18 ottobre 1909 a Torino, Del Noce l’11 agosto del 1910 a Pistoia, ma due anni dopo la famiglia si trasferisce a Savona e poi a Torino. Entrambi studiano al Liceo Massimo d’Azeglio, frequentano gli stessi maestri, da Carlo Mazzantini a Piero Martinetti, prendono, giovanissimi, la tessera del Partito Nazionale Fascista, ma maturano poi, secondo itinerari diversi, la loro opposizione al Regime. Subito dopo la Liberazione, pubblicano entrambi a Torino i loro scritti su due giornali nati pressoché contemporaneamente: Del Noce sul quotidiano della Democrazia Cristiana Il Popolo nuovo; Bobbio sul quotidiano del Partito d’Azione Giustizia e Libertà. Da allora le loro vite di “filosofi militanti” si divaricano.
Alle origini della Sinistra
Bobbio, esponente per eccellenza della cultura azionista, diviene l’acclamato “padre spirituale” della cultura di sinistra del dopoguerra. Nominato senatore a vita, muore a Torino il 9 gennaio 2004. Del Noce, a lungo ostracizzato dall’establishment accademico, si afferma solo attorno agli Anni Ottanta come la figura di maggior spicco della cultura cattolica italiana. Sarà anch’egli, per breve tempo, senatore, nelle fila della Democrazia Cristiana. Muore a Roma quindici anni prima di Bobbio, il 30 dicembre 1989.
Nella sua opera più nota, il Profilo ideologico del Novecento, Bobbio propone una interpretazione della storia italiana incentrata sulla costituzione, nel 1945, del Comitato di Liberazione Nazionale (CLN), in cui, all’insegna dell’ideologia “azionista” – che traeva nome dal Partito d’azione –, confluivano liberalismo e comunismo. L’azionismo costituì la principale ideologia della Resistenza antifascista. Però, secondo Del Noce, lungi dall’essere un’ideologia di totale antifascismo, la mitologia azionista aveva con il fascismo più di un’affinità, a cominciare dall’idea stessa di “fascio”, cioè il tentativo di agglomerare, contro il nemico, forze divergenti e spesso inconciliabili. Da qui la mitizzazione della Resistenza, considerata come “unità ideale” delle forze del progresso contro il “male radicale”, individuato non tanto nel fascismo, quanto in ogni visione della storia fondata sui valori tradizionali.
Del Noce e Bobbio: fascismo e antifascismo, origini comuni
Fascismo e antifascismo per Del Noce sono “fratelli nemici”, figli di un medesimo padre: l’interventismo della Prima Guerra Mondiale. Mussolini e Gobetti hanno in comune l’idea che la guerra debba sboccare in una rivoluzione rigeneratrice, così come trent’anni più tardi gli azionisti vedranno nella Resistenza antifascista l’evento catartico della storia. Proprio per il suo carattere utopista, il moralismo degli azionisti è alle origini del disfacimento morale della società italiana. L’eredità del Partito d’Azione, presto estromesso dalla politica attiva, fu raccolta dal marxismo, soprattutto, tra il 1948 e il 1951, dopo la pubblicazione dei Quaderni dal carcere di Antonio Gramsci, il filosofo che porta la Rivoluzione al suo compimento e al suo suicidio.
C’è quindi, secondo Del Noce, un perfetto parallelismo tra lo sviluppo della cultura italiana, dall’idealismo al marxismo attraverso l’azionismo, e il processo dissolutivo della nostra nazione, che prese inizio col fascismo e che continuò, nel dopoguerra, con l’antifascismo. Questa disgregazione intellettuale e morale ha le sue radici proprio nell’abbandono dei valori tradizionali della società, di cui il relativismo marxilluminista è stato il motore.
Il “de Maistre italiano”?
Per il suo richiamo ai valori tradizionali Del Noce è stato impropriamente definito un “de Maistre redivivo” o “il de Maistre italiano”. In realtà, a differenza degli autori contro-rivoluzionari, Del Noce credeva possibile, attraverso uno svolgimento religioso di motivi cartesiani, il recupero di quella “modernità”, di cui pure avvertiva la profonda crisi. Egli non si rifaceva a de Maistre, ma a Rosmini e, più indietro, a Vico, il pensatore a cui avrebbe voluto dedicare l’ultimo libro, il definitivo, che la morte gli impedì di scrivere. Mancò inoltre a Del Noce una sistematica concezione filosofica. I suoi scritti ci offrono un prezioso contributo per studiare la battaglia delle idee del XX secolo, ma vanno integrati con la riconquista del pensiero della Tradizione cattolica, da san Tommaso d’Aquino agli scrittori contro-rivoluzionari dell’Ottocento e del Novecento.
FONTE: Radici Cristiane n. 148