L’ordine di Metternich

L’ordine di Metternich - Schola Palatina

Klemens Wenzel Nepomuk Lothar principe di Metternich-Winneburg (Coblenza 1773-Vienna 1859) fu uno dei più grandi diplomatici e statisti della storia. La sua fama è legata innanzi tutto al Congresso di Vienna, il cui Atto Finale del 9 giugno 1815, pur con i mutamenti introdotti dalle rivoluzioni liberal-nazionali, evitò per un secolo guerre generali in Europa. Nel 1809 fu nominato ministro degli esteri dell’Impero austriaco; mantenne tale incarico, al quale aggiunse nel 1821 quello di Cancelliere di Stato, fino al 1848, essendo quindi la figura dominante dell’Età della Restaurazione.

Il suo prestigio e la sua abilità esaltarono il ruolo dell’Austria anche al di là della potenza reale di tale Stato. All’interno dell’Impero austriaco il potere di Metternich fu limitato e non furono accolte le sue idee di riforma, per consolidarne la compagine di confederazione di vari Stati dotati di larghe autonomie.

L’ordine di Metternich e la nuova carta dell’Europa

Per ridisegnare la carta dell’Europa dopo più di un ventennio di guerre, il Congresso di Vienna adottò i principi di legittimità e di equilibrio.

In base al primo furono restaurati gli antichi sovrani, con alcune eccezioni dovute soprattutto alla necessità di rafforzare gli Stati che potevano costituire un baluardo contro una possibile ripresa delle ostilità da parte della Francia; così, ad esempio, la Repubblica di Genova fu annessa al Regno di Sardegna.

Il principio di equilibrio, già adottato dopo la pace di Vestfalia del 1648, mirava a impedire che uno Stato assumesse una posizione egemonica.

Tali principi furono condivisi da tutti i maggiori protagonisti del Congresso, lo Zar di Russia Alessandro I, il ministro degli esteri britannico Lord Castlereagh, il prussiano von Hardenberg e Talleyrand, che rappresentava la Francia di Luigi XVIII. Infatti, a differenza di quanto accadde con la Germania a Versailles nel 1919 dopo la Prima Guerra Mondiale, la Francia non fu sottoposta a una pace troppo punitiva, per reinserirla nel “concerto europeo”.

Non fu Metternich il promotore della Santa Alleanza, concepita dallo Zar Alessandro I. Presto però egli comprese come essa e la parallela Quadruplice Alleanza delle Potenze vincitrici di Napoleone (Austria, Gran Bretagna, Prussia e Russia) potevano fondare un “sistema” diplomatico, al quale la prima avrebbe fornito l’impianto ideologico, i principi cristiani, e la seconda lo strumento operativo, la riunione di periodiche conferenze, per esaminare la situazione internazionale e risolvere le crisi.

Dall’ordine nazionale, stabilità internazionale

Metternich sosteneva l’esistenza di uno stretto nesso tra ordine politico interno ai singoli Stati e stabilità internazionale. Se in uno Stato si manifestava una rivoluzione, il “concerto europeo” doveva subito intervenire per evitare che essa turbasse l’ordine internazionale.

La visione di Metternich anticipava una concezione delle relazioni internazionali oggi largamente diffusa, naturalmente con contenuti ideologici diversi.

Per Metternich l’ordine interno s’identificava con le monarchie d’ispirazione cristiana, dominanti in tutta Europa, mentre oggi si ritiene che solo sulla democrazia liberale e sul relativismo morale, universalmente diffusi in Occidente, possano fondarsi un ordine interno e una pace internazionale stabili. Fonte di disordine erano per Metternich le rivoluzioni liberali, per i governanti occidentali di oggi lo è la violazione dei principi democratici, dei “diritti umani” o semplicemente la riaffermazione dell’esistenza di una morale naturale e quindi oggettiva.

Un’altra differenza non da poco è che Metternich sosteneva l’intervento del “concerto europeo” a sostegno dei Sovrani legittimi minacciati da rivoluzioni e su richiesta del monarca stesso; il principio di sovranità era quindi salvo. I sostenitori dell’“ingerenza umanitaria”, invece, lo violano, perché in genere tali interventi avvengono contro un governo in carica che non rispetti i “diritti umani” o semplicemente non si adegui al politicamente corretto.

Il sistema funzionò in maniera più strutturata solo fino al 1822 con le conferenze di Aquisgrana, Troppau, Lubiana e Verona, quando la Gran Bretagna si dissociò dalla politica di Metternich, avviandosi a divenire la paladina delle rivoluzioni liberali. Comunque, con alti e bassi, principio di equilibrio e «concerto europeo» evitarono fino al 1914 un conflitto generale.

Metternich, un conservatore pragmatico

Metternich non fu un ottuso reazionario, bensì un conservatore pragmatico, che confidava nella forza dello Stato, nell’osservanza dei trattati, nell’intervento, in caso di necessità, delle truppe austriache; riteneva dannosa l’organizzazione di forze politiche contro-rivoluzionarie e non comprese l’importanza della battaglia dottrinale.

Le sue idee e i suoi metodi erano largamente quelli di uno statista e diplomatico del secolo XVIII, anche se gli va riconosciuto il merito di aver ben compreso il carattere internazionale della Rivoluzione. Se combatté le idee rivoluzionarie, convinto che «soltanto sull’idea di ordine può riposare l’idea di libertà», non sostenne i tentativi legittimisti in Spagna (i carlisti), in Portogallo (i miguelisti) e in Francia (la spedizione della Duchessa di Berry in Vandea) e si scontrò con il Principe di Canosa, campione della contro-rivoluzione in Italia.

Praticò invece una politica di conciliazione e di adattamento, come nella questione belga e nel riconoscimento della monarchia orleanista. La sua famosa frase sull’Italia «espressione geografica», il cui significato fu deformato dalla stampa liberale, voleva dire che la penisola, come la Germania, alla quale era paragonata, era unita da una lingua comune, ma politicamente era «composta di Stati sovrani, reciprocamente indipendenti».

Comprese il profondo significato sovversivo della “dottrina Monroe” del 1823, osservando che gli Stati Uniti «hanno dichiarato in modo chiaro e distinto che è loro intenzione non solo di contrapporre potenza a potenza, ma, per parlare con maggiore esattezza, altare ad altare». Alla vigilia delle rivoluzioni del 1848 ebbe a scrivere: «Il mondo è molto malato e ogni giorno la cancrena si estende». Non sarebbe toccato a lui, travolto dal moto viennese del marzo 1848, curare la malattia, ma alla spada del Maresciallo Radetzky e degli altri generali austriaci.

FONTE: Radici Cristiane n. 94

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