Waterloo, la battaglia che cambiò il mondo

Waterloo, la battaglia che cambiò il mondo - Schola Palatina

Trascorsi 200 anni dalla battaglia di Waterloo. Battaglia, che modificò lo scenario internazionale. Fu un generale britannico, il Duca di Wellington, ad infliggere a Napoleone la sconfitta definitiva, lo stesso Duca che, una volta al governo in Patria, restituì ai Cattolici i diritti civili. La Francia rivoluzionaria e napoleonica venne sconfitta, Luigi XVIII fu rimesso sul Trono.

La battaglia di Waterloo (18 giugno 1815) chiuse la serie delle guerre iniziate nel 1792 contro la Francia rivoluzionaria e napoleonica.

Austria, Prussia e Russia erano dovute a volte scendere a patti con Napoleone, che le aveva sconfitte; la Gran Bretagna, a parte il breve periodo della Pace di Amiens (marzo 1802 – maggio 1803), fu sempre in guerra contro Parigi. Toccò proprio a un generale britannico, il Duca di Wellington, infliggere a Napoleone la sconfitta definitiva. Nel 1813, dopo la decisiva battaglia di Lipsia, i vincitori di Napoleone avevano esitato sulla sorte da riservare alla Francia, arrivando poi alla restaurazione del Re legittimo Luigi XVIII e alla firma della prima pace di Parigi (30 maggio 1814).

Nel 1815 non vi furono dubbi: dopo la fuga il 26 febbraio dall’isola d’Elba e la riconquista del potere, Napoleone era apparentemente animato da propositi pacifici, ma le grandi potenze rifiutarono ogni dialogo con lui e lo misero ufficialmente al “bando dall’Europa”, dichiarandolo “nemico pubblico” e perturbatore della pace europea. Il 25 marzo l’Impero austriaco, l’Impero russo, la Prussia e il Regno Unito confermarono la loro alleanza e costituirono, insieme ad altri Stati minori, la settima coalizione.

Il ruolo del Congresso di Vienna nella battaglia di Waterloo

In quel momento gli Stati grandi e piccoli d’Europa erano riuniti dal settembre 1814 nel Congresso di Vienna, del quale il segretario generale conte Friedrich von Gentz ha lasciato una vivida descrizione: «La città di Vienna offre ai presenti una visione spettacolare; tutta l’Europa è qui rappresentata dalle più illustri personalità. L’Imperatore con l’Imperatrice e le grandi principesse di Russia, il Re di Prussia con numerosi principi della sua casa, il Re di Danimarca, i Re e i principi ereditari di Baviera e del Württemberg, i duchi e i principi delle case di Meclemburgo, Sassonia-Weimar, Sassonia-Coburgo, Assia ecc., metà dei vecchi principi e dei conti dell’Impero e poi un numero immenso di diplomatici provenienti dai più vari reami d’Europa. Tutto questo non fa che dar vita ad un movimento ed a una tale varietà di immagini ed avvenimenti che solo la straordinaria epoca, nella quale noi viviamo, sarebbe in grado di produrre».

A riprova della ferma determinazione di sconfiggere definitivamente Napoleone, il Congresso continuò i suoi lavori, concludendoli il 9 giugno 1815, nove giorni prima della battaglia di Waterloo.

L’Atto Finale stilato stabilì un assetto dell’Europa, che evitò per un secolo un nuovo conflitto generale. I vincitori coinvolsero nel nuovo assetto di pace lo Stato sconfitto, il Regno di Francia, il cui rappresentante, il famoso Talleyrand, partecipò ai negoziati di Vienna e sottoscrisse l’Atto Finale. Un secolo dopo, a Parigi nel 1919, la Germania fu invece umiliata e fu conclusa non una vera pace, ma solo una tregua, che durò appena vent’anni.

Ciascuna delle quattro Grandi Potenze della coalizione decise di mettere in campo 150 mila uomini, ai quali si aggiunsero i contingenti di Svezia, Paesi Bassi, Regno di Sardegna, Spagna, Portogallo ed altri Stati tedeschi, mentre Napoleone poteva contare solo sul Regno di Napoli del cognato Gioacchino Murat. Circa 600mila alleati fronteggiavano quindi 240 mila napoleonici. In Vandea, Bretagna, Angiò e Maine più di 40 mila insorgenti fedeli al Re costrinsero Napoleone a distogliere almeno 12 mila soldati regolari dal fronte esterno.

Tanti errori tattici

I piani degli alleati prevedevano, prima di passare all’offensiva generale, di organizzare forze schiaccianti per attaccare da nord e da est la Francia. Napoleone, consapevole della sua inferiorità di forze e della necessità di attaccare prima del concentramento generale dei nemici, prese subito l’iniziativa in Belgio contro gli eserciti britannico di Wellington (96 mila soldati) e prussiano del maresciallo von Blücher (124 mila uomini). La campagna iniziò bene per Napoleone, che il 16 giugno a Ligny sconfisse i prussiani, i quali però riuscirono a disimpegnarsi e due giorni dopo a compiere l’intervento decisivo a sostegno di Wellington.

La battaglia di Waterloo iniziò alle 11.30 con le prime salve dell’artiglieria francese contro il castello di Hougoumonted ebbe diverse fasi, nelle quali i due comandanti commisero entrambi errori tattici.

Tuttavia Wellington dimostrò la salda determinazione, che gli valse l’appellativo di «Duca di ferro», nel tenere sotto controllo i quadrati della fanteria britannica, che resistettero alle cariche della cavalleria francese, mentre Napoleone non ebbe la lucidità e l’energia dei suoi tempi migliori.

Verso le 19 giunsero sul campo i prussiani, decidendo l’esito della battaglia, mentre il maresciallo francese Grouchy, con 34 mila uomini e 108 cannoni, seguendo alla lettera precedenti ordini contraddittori di Napoleone, continuò a seguire la retroguardia di Blücher e non partecipò allo scontro.

Poco dopo le 21, alla locanda La Belle Alliance, s’incontrarono i due comandanti alleati. Wellington ricordò così l’incontro con Blücher: «Eravamo ambedue a cavallo; tuttavia egli mi abbracciò esclamando: “Mein lieber kamerad” (mio caro compagno) e poi “Quelle affaire!”(che impresa!), pressoché tutto ciò che egli conosceva della lingua francese».

La battaglia provocò oltre 22 mila tra morti e feriti alleati (più di 10 mila britannici, 1.300 di Brunswick e di Nassau, 4 mila belgi e olandesi, 7 mila prussiani) e 25 mila francesi. Il 23 giugno Napoleone abdicò da Imperatore dei francesi e cercò di fuggire in America, ma il 15 luglio dovette consegnarsi agli inglesi, che lo esiliarono nella lontana isola di S. Elena.

L’8 luglio il re Luigi XVIII era rientrato a Parigi. Wellington ebbe una brillante carriera militare e politica nel partito conservatore: il suo governo nel 1829 restituì ai cattolici i diritti civili.

Il territorio di Waterloo è divenuto un parco storico, con musei, monumenti e cinque punti d’osservazione per comprendere lo svolgimento della battaglia, che ogni anno nell’anniversario è rievocata da migliaia di figuranti. Risalta subito alla vista la collina sormontata da un leone (butte du lion), innalzata nel 1820 da Guglielmo I dei Paesi Bassi, nel luogo in cui venne disarcionato da un colpo di moschetto alla spalla.

FONTE: Radici Cristiane n. 103

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