Un vero principe della Chiesa

San Giuseppe Maria Tomasi di Lampedusa - Schola Palatina

San Giuseppe Maria Tomasi di Lampedusa, principe dei liturgisti romani e patrono di Licata, è stato proclamato santo nel 1986. Grande liturgista e teologo, di illustri e nobili origini, nel 1712 accettò solo per obbedienza la berretta cardinalizia, dopo aver comunque destinato tutto il ricavato della nomina ai poveri. Quale Principe dalla Chiesa doveva essere dotato di servitù, che egli scelse fra gli indigenti e gli storpi. Un esempio per tutti. Anche oggi.

Nella chiesa teatina di Sant’Andrea della Valle a Roma si trovano le spoglie di san Giuseppe Maria Tomasi, «principe dei liturgisti romani», considerato loro patrono e membro della nobile e fervente cattolica famiglia dei Tomasi di Lampedusa.

La vocazione

La figura di Giuseppe Maria Tomasi è di grande portata sia per la sua santità che per il suo apporto alla Chiesa. Nato a Licata, di cui è patrono, il 12 settembre 1649, l’11 novembre 1664 entrò fra i Padri Teatini. Il 25 marzo 1666 rinunciò alla primogenitura e cedette i suoi diritti patrimoniali e feudali al fratello minore Ferdinando. Nella formazione religiosa un grande peso l’ebbe lo zio Carlo, colui che, a sua volta, cedette i diritti feudali al fratello Giulio per farsi teatino.

Subito si occupò di liturgia, ma allo stesso tempo studiò filosofia nel collegio di Messina, dal marzo 1668 in quello di Ferrara e, nel 1669, a Bologna e a Modena, dedicandosi anche alle lingue classiche e all’ebraico. Il 12 aprile 1671 prese parte ai festeggiamenti per la canonizzazione di Gaetano da Thiene (1480-1547), finanziati dalla sua famiglia.

San Giuseppe Maria Tomasi di Lampedusa e le sue opere

A partire dal 1679 iniziò a pubblicare edizioni di testi patristici, liturgici e biblici, spesso firmate, per umiltà, con il cognome Caro, in onore della bisnonna paterna.

L’alta qualità delle opere gli valse la considerazione dei maggiori eruditi ecclesiastici del suo tempo, che divennero suoi corrispondenti e amici, fra i quali i cardinali José Saenz de Aguirre, Michelangelo Ricci, Francesco Barberini senior, Giovanni Bona, Leandro Colloredo, Girolamo Casanate, Jean Mabillon. Fra i collaboratori ricordiamo Giovanni Giusto Ciampini, Giusto Fontanini (che diverrà suo primo biografo), Benedetto Bacchini, Domenico Passionei, Ludovico Antonio Muratori, Hermann Shenk, Erasmo Gattola.

Nel 1695 convertì al Cattolicesimo il proprio insegnante di ebraico, il rabbino Mosè Cave, il quale prenderà il nome di Filippo Antonio Francesco Tomasi, in ricordo dell’allievo.

Eccellenti furono le edizioni che curò di antichi libri liturgici per un ritorno alle sorgenti della fede, alla riscoperta ed alla divulgazione della teologia dei Padri della Chiesa, nonché alla revisione di alcuni testi biblici.

La prima opera pubblicata fu il Divi Aurelii Augustini (1679), raccolta di precetti biblici per una retta vita cristiana. Fecero seguito, dal 1680 al 1710, volumi di argomento biblico e liturgico come il Salterio romano e gallicano Psalterium iuxta duplicem editionem (1683) e una raccolta di orazioni della liturgia romana dopo la recita dei salmi, Psalterium cum Canticis versibus prisco more distinctum (1697), riedita in Svizzera (Einsielden 1727 e 1728), in Austria (Vienna 1735) e più volte a Roma.

Non si possono, inoltre, non menzionare il Sacramentario gelasiano, i messali GothicumFrancorum e Gallicanum vetus (Codices Sacramentorum, 1680), tratti da manoscritti della biblioteca di Cristina di Svezia e della Vaticana; la serie degli antifonari e responsoriali della Chiesa romana (1686) e gli Antiqui libri missarum Romanae Ecclesiae (1691), contenenti pregevoli testimonianze della tradizione gregoriana quali il codice Blandiniensis di Bruxelles, il Lezionario di Alcuino di Parigi e altri codici antichi collazionati. Tutto ciò egli produceva anche per porre solidi freni alle eresie liturgiste.

Le sue opere costituiscono un patrimonio di inestimabile valore per la Chiesa, anche per ciò che riguarda quelle “minori”, come gli opuscoli storici concernenti l’uso del pane azzimo nella Chiesa antica, l’applicazione della Messa per i vivi e i defunti, l’istituzione del mercoledì delle ceneri, la traduzione in latino dell’ufficio greco del Venerdì santo, una Messa per la buona morte che gli venne richiesta da papa Clemente XI nel 1706 e rimasta nel Messale romano fino al 1970.

La santità di vita

Dotto e grande liturgista e teologo, Giuseppe Maria si distinse anche per la sua santità di vita, molto austera e molto umile. Stimato da Innocenzo XII e, in particolare, da Clemente XI, quest’ultimo adottò modalità liturgiche di usi antichi proprio grazie a Tomasi, come quella di tenere personalmente l’omelia nel corso delle celebrazioni in San Pietro.

Se fino ad allora era riuscito a rifiutare la nomina a consultore della Congregazione dei Riti ed esaminatore del clero, con Clemente XI non gli fu più possibile, anzi, divenne anche consultore delle Congregazioni dell’Indice, dei Riti e dei Regolari, qualificatore del Sant’Uffizio e consigliere del preposto generale dei teatini, Tommaso Carafa.

Il 18 maggio 1712 gli venne conferita la berretta cardinalizia, che accolse solo per obbedienza dopo aver destinato tutto il ricavato della nomina ai poveri. Quale Principe dalla Chiesa doveva essere dotato di servitù, che egli scelse, senza considerare le malelingue, fra gli indigenti e gli storpi. Ai suoi collaboratori sacerdoti proibì ogni genere di lusso.

Uomo di grande carità

Uomo di grande carità, si ammalò di polmonite, che trascurò per non mancare alle celebrazioni natalizie. Si spense il primo gennaio 1713 nel proprio appartamento di palazzo Passarini, in via Panisperna. Il giorno seguente venne sepolto in estrema povertà, nei sotterranei della sua chiesa, San Martino ai Monti di Roma, dove aveva proibito l’uso degli strumenti musicali, ad esclusione dell’organo.

Quello stesso anno iniziò la causa di beatificazione, che ha trovato compimento con papa Pio VIII il 29 settembre 1803. È stato poi canonizzato da Giovanni Paolo II il 12 ottobre 1986. Dal 1971 le sue spoglie, composte in un’urna trasparente, sono esposte alla pubblica venerazione a Roma nella chiesa teatina di Sant’Andrea della Valle; mentre il suo braccio destro è custodito e venerato, dal 1948, nella chiesa parrocchiale di Torretta, in provincia di Palermo.

FONTE: Radici Cristiane n. 148

TUTTI I CORSI DI CRISTINA SICCARDI

ALTRI CORSI

Letteratura

La dimensione religiosa nella poesia italiana del Novecento

29 Aprile 2024 (+ altre date)

7 ore e 30 minuti

LIVE STREAMING + ON DEMAND

100€ Iva Inclusa

Filosofia

Insegnare Latino con il metodo Oerberg

04 Aprile 2024 (+ altre date)

6 ore

LIVE STREAMING + ON DEMAND

80€ Iva Inclusa

Religione

L’evidenza di Dio

05 Aprile 2024 (+ altre date)

6 ore

LIVE STREAMING + ON DEMAND

80€ Iva Inclusa

Storia dell'Arte

La metafisica della luce nei secoli XII e XIII – Modulo 2

02 Aprile 2024 (+ altre date)

7 ore e 30 minuti

LIVE STREAMING + ON DEMAND

100€ Iva Inclusa